Checco Zalone: “Prometto che vi renderò tutti più volgari”

Si è aperto con un impegno l'affollatissimo spettacolo della star del cinema e della tivù. Una promessa vinta, ma solo perchè "tutti abbiamo dentro la volgarità, come il fanciullino di Pascoli"

Checco Zalone al PalawhirlpoolNon ha fatto altro che concedere bis e ringraziare Varese dicendo: «…E io che non ci volevo venire, qui! Mo’ ogni sei mesi torno: questo è un pubblico calorosissimo».
Ma chissà se Luca Medici, in arte Checco Zalone, ha avuto modo di sapere che quello che l’ha accolto “al nord” riempiendo quello che normalmente è il palazzetto della Pallacanestro Varese, è stato un pubblico davvero straordinariamente caloroso, di quelli che a Varese è raro vedere.

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E non è stato certo per “l’alto tasso di terronaggine” da lui stesso calcolato a colpi di mani alzate (erano circa un terzo degli spettatori) ad avere contribuito a quel calore. Anzi, a ridere e spellarsi le mani sono arrivati anche da oltre frontiera: sono state infatti non poche le targhe svizzere ad allontanarsi dopo il suo affollatissimo spettacolo. In verità, a fare il pienone – un pienone per di più confermato dopo una prima sospensione, che ha spostato 4000 biglietti da un giovedì di settembre a un mercoledì di ottobre – ha contribuito, innanzitutto, la tivù. L’hanno dimostrato i cori sulle canzoni più famose – “Mondiali!” era la richiesta più insistente, che esprimeva il desiderio di risentire insieme la sua squinternata hit “Siamo una squadra fortissimi” – ma anche su canzoni ascoltate solo nella trasmissione Zelig, che l’ha lanciato. E l’ha dimostrato anche il fatto che il pubblico era davvero di tutte le età, segno di una fruizione spesso passiva dei suoi sketch: con punte minime intorno agli 8 anni. «Voi bambini siete la mia risorsa – ha spiegato l’attore-autore – Anche se lo so come farete: fra 5 o 6 anni troverete qualcuno che dice parolacce più moderne e seguirete lui. Ricordatevi, però, di chi vi ha dato le basi!».

In effetti, a prima vista uno spettacolo di Checco Zalone non è di quelli raccomandabili ai bambini. E non sembra nemmeno fatto per persone alla ricerca di uno spettacolo intelligente. Gli ingredienti, sbandierati e ribaditi ad ogni pié sospinto, sono: musica, volgarità, lustrini e belle ragazze (in realtà, non chiamate cosi: ma riferite sempre con una parte – fondamentale – per il tutto). Non manca niente di quello chiede questa disgraziatissima Italia: e la scelta per chi guarda è immergersi fiduciosi in questo spaventoso oblio o irrigidirsi, scandalizzandosene e stigmatizzando la superficialità della cosiddetta “cultura di oggi”. Ma da questo spettacolo non se ne esce senza pensieri, e il sospetto è che in maniera quasi farmaceutica, insieme alle volgarità delle battute da imparare a memoria se ne sia inoculato anche il suo antidoto.

Fin dal titolo del suo spettacolo: “Resto umile world tour” icona delle ipocrisie alle “uomini e donne” dove umiltà lealtà verità e sincerità sono termini senza più senso, fatti solo per diventare strappalacrime davanti a una telecamera. E arrivando ai bis con le sue “canzoni” (in realtà parodie salaci di canzoni altrui, eseguite però con una certa maestria personalmente al pianoforte, e con l’accompagnamento perdipiù della straordinaria band dei “Mitili ignoti”) fatte cantare a tutta la platea: tant’è che dopo il coro sulla sua mitica parodia di Carmen Consoli (il pubblico si è esibito nel ricordare i versi “…e puzzava di merluzzo, proprio come zio Santuzzo…”) Zalone commenta “E’ incredibile come la gente impari a memoria ‘ste cagate… E’ indice di una grave sofferenza culturale”.

Vero, verissimo. Come è verissimo che “A Silvio importa solo la f..a” che “Don Verzè ha costruito la ricerca coi suoi soldi”, che Nichi Vendola – che nello spettacolo viene presentato sulla note di Jesus Christ Superstar – ti ascolta se “Sei musulmana, rom, lesbica” e sennò “Checazzovuoidame?” e che alla fine «tutto quello che fa girare il mondo è “quellarobalì”. «Torna sempre tutto lì, per questo ho con me cinque ballerine e cantanti dal nome “Seconda chance” – spiega Zalone – Sono le ragazze scartate da Giampy Tarantini, e le ho prese io perchè per tutte ci vuole una seconda chance».

Lo spettacolo si apre con un impegno: «Vi prometto che da qui uscirete tutti più volgari. Perchè tutti noi abbiamo la volgarità dentro, è come il fanciullino di Pascoli» E alla fine la promessa è stigmatizzata, “costringendo” il pubblico ad un crescendo di cori, l’ultimo dei quali è irripetibile in un articolo («visto che ce l’ho fatta? siete più volgari, adesso!» commenta alla fine).

Ma non è una volgarità fine a sè stessa, anzi è quasi crudele nella sua autoironia collettiva. Costringe tutti a specchiarsi in quel caos pieno di sederi e parolacce che evidentemente ci pervade, e non salva nessuno dallo svilimento dei valori. Anche con un certo coraggio: non dimentica infatti nessuno nelle sue battute, compresi potenti e personaggi poco “toccabili”: da Don Verzè al Papa, da Renzo Bossi a Berlusconi, da Vendola alle star del rock. Per Renzo le battute sono persino pesanti (“ se s..are significa mettere al mondo gente così, viva le pugnette”) mentre il figlio del senatur viene evocato in video come “l’amico del Nord”.

La punta più straordinaria però la ottiene il videointervento di AlBano, che canta con lui una canzone dal titolo “Maremoto a Porto Cervo” (una delle canzoni “preventive” in caso di disgrazie naturali composte da Checco Zalone-Luca Medici) dove l’icona internazionale della canzone italiana sostiene il duetto con Zalone interpretando, con l’ugola che gli è propria,  frasi assolutamente irripetibili.

Il rispetto per il pubblico, però, è totale, anche se l’iperbole è d’obbligo e l’autoironia – non solo nei suoi confronti, ma di tutti noi – è feroce. Quel rispetto è espresso innanzitutto confezionando non un monologo ma uno spettacolo complesso, con una band perfetta, una sezione di fiati e cinque ballerine, oltre a una attrice (Claudia Potenza, vista anche in Basilicata Coast to Coast)  che magistralmente interpreta la sua fidanzata, in una scenografia per nulla minimale, ma anzi in perfetta linea con la necessità di lustrini. Insomma, uno spettacolo che giustifica il prezzo del biglietto, che dà materiale per i ricordi e coinvolge tutti gli spettatori (“Pure voi, poveri, vi amo: pur di venire qui a vedermi avete comprato i biglietti che vi tengono lontano” dice a quelli coi posti in galleria).  E che vede un interprete che non si risparmia nemmeno nei bis (lo spettacolo, iniziato alle 21 e trenta, è finito alle 23 e 40, dopo oltre mezz’ora di rientri) e nelle richieste scontate: anche se l’ennesimo bis di “siamo una squadra fortissimi” richiesto gli fa sospirare «Eh, quanta fatica, per seicentomila euro di m…a». Una frase che non offende, ma sembra una boccata d’aria. In un mondo che nelle intercettazioni parla tutto così, sentirselo dire al microfono fa esclamare: viva la sincerità, almeno per una volta.

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Pubblicato il 13 Ottobre 2011
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