Livetti: “Un Masterplan irricevibile dal territorio”

Il consigliere provinciale di Federazione della Sinistra. «Se proprio vogliamo progettare qualcosa di nuovo, occupiamoci della qualità della vita dei residenti»

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Giampaolo Livetti, Consigliere Provinciale – Federazione della Sinistra, sul materplan di Malpensa

Ieri il Masterplan di Malpensa è stato dichiarato irricevibile dalla Commissione Nazionale V.I.A. che lo esaminava perché, tra l’altro, non si riscontra “… raccordo tra le opere prospettate e il quadro nazionale”. Che sia l’inizio di una programmazione nel settore? Vedremo. Non facciamoci però fuorviare dagli aspetti nazionali del problema, pure importanti; occupiamoci a fondo dei pesantissimi risvolti locali che il Masterplan comporterebbe in Provincia di Varese.
Questi sono gli aspetti critici del progetto, che ho formalizzato nelle scorse settimane in Commissione Provinciale Territorio.
Non è proprio accettabile quel che dichiara il Masterplan circa gli ettari di bosco che verrebbero sacrificati all’ampliamento: non sono affatto di scarso pregio e poco significativi. Chi viene in Via Gaggio in una giornata qualsiasi della settimana può verificare come questo residuo di brughiera, curato in modo esemplare da volontari e istituzioni, sia la meta quotidiana di centinaia di cittadini che frequentano la zona boscata come ultima occasione naturalistica in un contesto densamente urbanizzato: zona di pregio, dunque, da difendere.
Il Masterplan prevede, al posto di questi ettari di natura, la costruzione di una quantità enorme di capannoni per la logistica, tutti all’interno del sedime aeroportuale: costruiti dunque su territori sottratti al bene comune e senza ritorno per i bilanci degli stessi enti locali. Nelle zone limitrofe all’aeroporto c’è già un ingente patrimonio di edilizia industriale vuota, abbandonata da aziende chiuse, nonché aree delocalizzate che non possono avere altra destinazione se non quella terziaria o produttiva: è qui che si deve costruire la rete logistica di Malpensa! I capannoni del “logistic park” (!!) svuoterebbero e impoverirebbero invece il territorio circostante, sacrificando gli ultimi ettari di bosco. Anche la previsione di una albergo nel sedime aeroportuale mi sembra inopportuna: con tutti gli alberghi vuoti esistenti in zona, costruiti nel sogno della Grande Malpensa…
Occorre dunque affrontare il problema complessivo di Malpensa, facendo alcune considerazioni di carattere generale. La potenzialità dell’attuale struttura è di circa trenta milioni di passeggeri e di un milione di tonnellate merci all’anno. Questo potenzialmente, perché oggi a Malpensa arriva poco più della metà dei passeggeri possibili e meno della metà delle merci. Questo è l’unico, vero problema di Malpensa. Se Malpensa “lavorasse” per quel che è stata costruita, ci sarebbe già un immediato incremento di occupazione, che è il motivo martellante di chi chiede la realizzazione del Masterplan. Non solo nuove assunzioni, ma anche la regolarizzazione dell’attuale precariato, eredità delle fantasmagoriche promesse di lavoro del passato. Se Malpensa richiamasse il suo potenziale di passeggeri e merci, i nuovi addetti con ogni probabilità cercherebbero residenza in zona: una domanda di alloggi la cui risposta è già contenuta nelle migliaia di vani vuoti, oggi esistenti nei Comuni del CUV, a Gallarate, a Busto. Certo, per la zona si acuirebbe qualche problema di servizi (scuola, sanità, mobilità ecc.), che una corretta pianificazione territoriale non può ignorare.
Con un aeroporto che lavora a pieno regime si utilizzerebbe razionalmente il patrimonio edilizio e territoriale produttivo della zona ampia intorno a Malpensa, dando una risposta, magari, al problema delle aree dismesse, spesso strategiche nel tessuto comunale. Le merci, poi, sarebbe opportuno raggiungessero le loro destinazioni via ferro; vecchia proposta, da noi formulata da tempo, di collegare Malpensa con Novara, e dunque con i corridoi europei delle merci.
Se Malpensa funzionasse a pieno, però, sarebbe indispensabile monitorare in modo più capillare, a spettro più ampio e con maggiore pubblicizzazione la qualità dell’aria dell’intera zona. Oggi, tranne lodevoli eccezioni, non c’è grande attenzione da parte delle istituzioni sui dati epidemiologici, assai preoccupanti, diffusi nella nostra zona.
Il Masterplan snocciola poi alcuni dati sui presunti volumi di traffico nei decenni futuri. È nell’ordine delle cose: in futuro si assisterà ad un incremento del traffico aereo, ma è propaganda pensare che in un’area così densamente popolata come la Pianura Padana tutto il traffico si concentri efficacemente in una sola struttura: più ragionevole pensare a un sistema aeroportuale integrato dell’Alta Italia, così come richiesto da decenni e mai pianificato per calcoli elettoralistici. Per alcune forze politiche del varesotto c’è poi lo smacco dell’“Hub della Brughiera”, che non è mai stato un hub, che probabilmente non lo sarà mai, e per salvare il quale un Presidente della Provincia si era fatto eleggere a Roma.
Bisogna proiettare Malpensa fuori dal sedime, con tutte le opportunità e le criticità che l’aeroporto naturalmente determina. Il Masterplan, con l’eterno miraggio del lavoro, si occupa invece esclusivamente di quel che vuol fare nell’enorme territorio che fagocita, quasi che fuori ci fosse il deserto.
Insomma: le contestazioni mosse a livello nazionale sono condivisibili, e siamo contrarissimi alle previsioni locali di questo Masterplan. Malpensa funzioni al massimo della sua attuale potenzialità e il territorio sarà più che saturo di funzioni, occasioni, possibilità: in fin dei conti per nostra fortuna in Provincia di Varese non c’è solo Malpensa. Le aggiunte del Masterplan non sarebbero sviluppo (rendere lineari cose aggrovigliate) ma nuove criticità. Si veda al proposito i risultati della V.A.S. volontariamente elaborata dal Parco del Ticino qualche anno fa: ogni ulteriore intervento renderebbe tutto più complicato.
Se proprio vogliamo progettare qualcosa di nuovo, occupiamoci della qualità della vita dei (tanti) residenti, valore quest’ultimo rimosso in ogni programmazione e previsione politico-urbanistica. Oggi non si progetta qualità della vita perché ogni previsione è mortificata da un presunto profitto economico: ci stiamo accorgendo che, in assenza di qualità, ogni progetto si trasforma in un clamoroso fallimento, anche economico.

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Pubblicato il 28 Ottobre 2011
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