L’olio di Sant’Imerio che fa bene due volte
Con le olive spremute dall’associazione varesina diverse campagne di beneficenza. Oggi aperto al pubblico l’oliveto di Monte Bernasco, con tente storie da raccontare
Un parroco restauratore che rimetta a nuovo pietà in bronzo finite nel dimenticatoi per trasformarle in oggetti d’arte e di venerazione.
Un ottantenne che taglia l’erba di un uliveto con piante di un anno, da accudire come bambini. Un quartiere che ha preso l’abitudine di raccogliere le olive dell’albero sotto casa per farci un olio buono e da vendere per destinare il ricavato a chi ne ha bisogno.
C’è materiale per un romanzo nella storia dell’olio di Sant’Imerio, oramai associazione “storica” (anche se ha un solo anno) nata dall’intraprendenza di un gruppo di residenti in via Monte Bernesco, alla destra di viale Europa, a Varese. «Da anni – racconta Lucio Mattaini, membro dell’associazione – noi residenti abbiamo l’abitudine di raccogliere le olive dei nostri alberi, in collaborazione con la parrocchia di San Michele. Le olive vengono poi spremute a Lenno, in provincia di Como. L’olio che ne deriva viene venduto e il ricavato impiegato per opere a fin di bene nella cooperazione internazionale, ma anche di casa nostra». Fatto sta che l’attivismo di questi volontari ha coinvolto tante persone che hanno cominciato a parlare dell’olio di Sant’Imerio. Da tanti posti della provincia, via via sempre di più nel corso degli anni, sono cominciate ad arrivare borse e sporte piene di olive, che vengono quasi tutte dai dintorni. «Abbiamo persone che ce le portano anche da Luino, da Angera, dal lago – racconta il presidente dell’associazione Enrico Marocchi. Viene fatto un olio eccezionale. L’anno scorso ne abbiamo prodotti 300 litri. E’ servito negli anni per finanziare progetti a favore dell’acquisto di reti per i pescatori dell’estremo Oriente, dopo lo tsunami; abbiamo costruito dei pozzi in Etiopia, un orfanotrofio in Uganda, ma anche una scuola materna a Varese e il tetto della nostra chiesa», racconta soddisfatto Enrico.
Come verrà destinato il ricavato di quest’anno? «Dipende da quanto riusciremo a raccogliere – aggiunge il presidente. Domenica prossima si completeranno i conferimenti di olive: le porteremo tutte nella casa parrocchiale per distenderle e spedirle lunedì 24 alla volta di Lenno, da cui uscirà un olio fantastico. Poi la vendita di solito la prima domenica di febbraio».
Le olive da queste parti sono un segno di solidarietà così forte che il comune di Varese ha dato n comodato d’uso una superficie di 4000 metri – la sommità del monte Bernesco, in pratica – all’associazione, che l’anno scorso ha piantato un centinaio di piante di olive, regalatele dalla Nicora Garden. Oggi già ci sono i frutti di questo lavoro: nere, alcune un po’ sbucciate a causa di una grandinata, ma soprattutto visibili al pubblico perché il parco degli ulivi è stato aperto per l’intera giornata di oggi, 16 ottobre. L’erba era corta e tagliata quasi all’inglese, le piantine rigogliose: merito del signor Zucchi, un arzillo ottantenne che amorevolmente si prende cura delle piantine e del parco.
«Ogni giorno viene qui e bagna, pota, taglia, pulisce: il risultato è sotto gli occhi di tutti» hanno detto in tanti nel corso della cerimonia, che alla fine gli ha regalato un applauso. La giornata è stata salutata ancheda una benedizione speciale: l’acqua santa si è posata su di una pietà in bronzo, benedetta dal suo “salvatore”: don Pietro Giola, parroco della chiesa di San Micheel Arcangelo, di Bosto. Una pietà che rischiava di fare una brutta fine, dimenticata in un magazzino, ma che il parroco restauratore ha lucidato, tirandola a nuovo, per donarla al parco degli ulivi.
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