Poliziotti e carabinieri denunciano la sorella di Giuseppe Uva

Citato anche il giornalista de Le Iene. L’accusa è diffamazione per aver affermato che il fratello era stato violentato in caserma. Ma ci sono anche nuove accuse dalla parte civile verso i pm che seguono il caso

Caso Uva, siamo alla guerra di carte bollate: dopo l’ultima udienza del processo in cui sono volate scintille tra pubblica accusa e parte civile, la situazione si fa sempre più tesa. L’avvocato Luca Marsico ha depositato, nei giorni scorsi, una denuncia querela contro Lucia Uva e il giornalista della trasmissione tv Le Iene, che ha realizzato un servizio sulla vicenda, due settimane fa, su Italia Uno. Il fatto contestato è l’aver sostenuto che Giuseppe, la notte in cui fu fermato nella caserma dei carabinieri di via Saffi, fu violentato. Marsico rappresenta 2 carabinieri e 6 poliziotti, una nutrita rappresentanza degli operanti quella notte, i quali hanno deciso di costituirsi contro la sorella di Giuseppe perché si sono sentiti diffamati. «Non è accettabile che si vada oltre nelle accuse – spiega l’avvocato Marsico, i miei clienti hanno deciso di intervenire perché le accuse che sono state rivolte durate quella trasmissione tv sono gravissime, ipotizzare una violenza sessuale di gruppo è infamante e gli agenti e i carabinieri coinvolti hanno deciso di reagire per evitare che si vada avanti a gettare fango su di loro».

Nel frattempo tre operanti di quella notte sono stati trasferiti ma in ogni caso si tratta di un fatto clamoroso: è la prima volta che dall’ambiente delle forze dell’ordine, finora in silenzio, emerge una risposta alle accuse di aver picchiato Giuseppe Uva in caserma. La trasmissione contestata suggerirebbe l’ipotesi della violenza, una affermazione fatta per la prima volta dall’associazione A Buon diritto sul sito internet “innocenti evasioni” (si può escludere che Giuseppe Uva abbia subito violenza?), e che prende spunto da una serie di analisi da effettuare su istanze organiche trovate nei pantaloni di Uva; i periti al processo hanno però voluto specificare che loro non hanno mia parlato di prove di violenza e che sono stati fraintesi. Anche Alberto Biggiogero, l’amico di Giuseppe che era in caserma quella notte ha affermato che a suo dire non è credibile la violenza sessuale. 

Gli strascichi di quanto accaduto in questi giorni, tuttavia, non finiscono qua, perché dalla parte opposta della barricata c’è una nuova polemica contro il pubblico ministero Agostino Abate. llaria Cucchi, Patrizia Moretti, Domenica Ferrulli (parenti di persone uccise durante la detenzione) erano presenti ieri in aula e hanno scritto una lettera al Csm, alla procura generale, alla procura della repubblica e alla corte d’appello: l’accusa è di «atteggiamento ostile» del pm verso Lucia Uva. La lettera prende spunto dall’allontanamento dall’aula di Lucia Uva e chiede conto degli atteggiamenti del pm che giudicano «intimidatori». 

La famiglia Uva ha inviato oggi ai giornali anche una lettera scritta da Luca Ghedini, giudice corte d’appello di Bologna e relatore sentenza appello processo Aldrovandi, che sembra una critica ai pm di Varese, fatta abbastanza inusuale tra colleghi magistrati. «All’esito dell’udienza di ieri, il Giudice, sulla base delle conclusioni cui era giunta la perizia collegiale da lui disposta, ha ordinato la riesumazione della salma per gli ulteriori accertamenti medico legali.Chiedo alla “Collega coassegnataria del fascicolo Uva”: anche il giudice è uno dei tanti che, magari con supponenza, ha male interpretato la perizia preliminare che non ha letto con attenzione? Anche se a qualcuno spiace (e sembra quindi che la cultura della giurisdizione per qualche PM sia solo uno slogan), il processo penale è pubblico, e i suoi atti sono conosciuti e conoscibili. E’ lecito nutrire delle perplessità o il “manovratore” non deve essere disturbato?»

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Ottobre 2011
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