Riaggiustare l’osso del collo con viti e barre in titanio

Il delicatissimo intervento viene effettuato all'ospedale Sant'Anna dall'equipe del neurochirurgo Taborelli

L’ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia all’avanguardia nella cura delle fratture dell’osso del collo. L’èquipe dell’Unità Operativa di Neurochirurgia guidata dal primario Angelo Taborelli ha eseguito recentemente con successo i primi due interventi di riparazione di fratture delle vertebre cervicali C1 e C2 su due pazienti vittime di incidenti stradali scongiurando il rischio di tetraplegia.

La tecnica utilizzata, messa a punto nel 2001 dal tedesco Junger Harms e successivamente affinata, è stata presentata nel presidio comasco dal primario Taborelli e dal collega Massimo Rosati, che ha eseguito gli interventi, e Christian Capuano, un altro specialista dell’équipe. Si tratta di un tipo di intervento raro e solitamente eseguito in alcuni centri specializzati e denominato “fissazione transarticolare” che prevede l’inserimento di alcune viti e barre in titanio con accesso – incisione – anteriore o posteriore, a seconda dei casi. Nel caso di incisione anteriore i casi documentati dalla letteratura mondiale sono una decina.

Riparare il trauma subìto dalle due vertebre è estremamente importante. Esse, infatti, compongono l’inizio del tratto di colonna vertebrale detto “cervicale”, formato da 7 vertebre in totale. La C1, la prima partendo dall’alto, è chiamata Atlante ed è responsabile dall’allineamento dell’intero midollo spinale, dei nervi che ne fuoriescono e del sistema scheletrico. La C2 o Epistrofeo è la seconda vertebra cervicale e permette la rotazione della testa, grazie alla sua particolare articolazione con l’Atlante.

«Questo tipo di fratture – spiega il primario Taborelli – sono state trattate da sempre in modo conservativo con immobilizzazioni di lungo periodo, ma correndo rischi anche elevati: la tetraplegia, l’instabilità del collo, la possibilità di dolori fortissimi con una riduzione significativa della mobilità del paziente. Da qualche anno si utilizzano nuove tecniche chirurgiche che consentono di ridurre la frattura e un recupero post-operatorio ottimale. Si può dare così una risposta in ambito traumatologico, anche se è possibile intervenire, quando c’è l’indicazione, anche su pazienti con artrite reumatoide».

Fondamentale lo studio di ogni caso: «La valutazione di come intervenire – aggiunge Massimo Rosati – deve essere valutata attentamente, anche per non essere inutilmente invasivi. Inoltre, prima di operare è fondamentale valutare insieme al servizio di Radiologia le immagini acquisite con la tac in 3D e con l’angiotac per verificare il passaggio delle arterie vertebrali e stabilire la giusta traiettoria, il calibro e la lunghezza delle viti in titanio da inserire esattamente nelle vertebre a pochi millimetri dalle arterie vertebrali da un lato e dal midollo spinale dall’altro, viti che poi vengono connesse a delle barre in titanio per stabilizzare la frattura e permetterne il consolidamento in caso di stabilizzazione posteriore. Nel caso di stabilizzazione C1-C2 per via anteriore, intervento rarissimo, si inseriscono tre viti a bloccare le articolazioni C1-C2 e il dente dell’epistrofeo fratturato”.

Alla presentazione erano presenti anche i due pazienti operati al Sant’Anna che hanno portato la loro testimonianza: una 63enne di Lurago D’Erba, vittima di un violento investimento da parte di un’auto pirata, e un 64enne di Sesto San Giovanni, caduto in bicicletta.

Il reparto di Neurochirurgia del Sant’Anna, che quest’anno celebra i dieci anni di attività, ha a disposizione nel nuovo presidio 14 posti di neuro rianimazione e un’area semintensiva, esegue 650 interventi in media ogni anno, cento dei quali per l’asportazione di patologie tumorali. I neurochirurghi del Sant’Anna si occupano anche di aneurismi, di chirurgia spinale complessa, malformazioni idrocefaliche e rivascolarizzazione cerebrale. In questo caso in team con i chirurghi vascolari.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 20 Ottobre 2011
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