Abbiamo venduto ai cinesi, ma produrremo ancora qui

La C.B Ferrari, azienda metalmeccanica di 180 dipendenti, è stata acquistata dalla Jingcheng Holding Europe. Renato Bianchi e Augusto Caravati hanno sancito il passaggio con una giornata di saluto e festa con i lavoratori

cb ferrari

La bandiera della Cina sventola sul capannone della C.B. Ferrari spa di Mornago. È al centro, tra quella tedesca e quella italiana. La traduttrice non ha un attimo di tregua, il protocollo del passaggio di consegne prevede discorsi in cinese e in italiano, perché in platea tra i dipendenti ci sono già molti occhi a mandorla.

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La vecchia proprietà italiana, rappresentata da Renato Bianchi e Augusto Caravati, è in prima fila. Sono loro ad aver fondato l’azienda nel 1966, insieme a un terzo socio, Giuseppe Ferrari, che morirà dieci anni dopo. Un patrimonio iniziale di dieci milioni di vecchie lire, con una garanzia in banca fornita da Caravati, a cui si aggiungono il genio creativo di Bianchi e il fiuto imprenditoriale di Ferrari.

La scelta di vendere dopo 45 anni alla Jingcheng Holding Europe (partecipata pubblica della municipalità di Pechino), gruppo mondiale del settore metalmeccanico, ramificato soprattutto in Cina e in Germania, con oltre quattromila dipendenti, era inevitabile. «Negli ultimi due anni – spiega Bianchi – perdevamo un milione di euro ad esercizio e quindi cercavamo un acquirente che ci aprisse nuovi mercati, anche perché non c’era la possibilità di dar vita a una successione imprenditoriale».

Eppure, sua figlia Giulia, a quell’azienda ci tiene tanto. Quando tocca a lei prendere la parola, si emoziona e piange, ricordando i sacrifici dei genitori e le speranze. E, rivolgendosi alla platea con voce rotta, esclama: «Cari colleghi, mi mancherete tutti».

La C.B. Ferrari, che ha un solo brevetto internazionale ed esporta il 70 per cento di quello che produce, durante il periodo più duro della crisi, ha fatto pochissima cassa integrazione e gli stipendi per i suoi 180 dipendenti sono arrivati sempre con puntualità. «Non abbiamo mai diviso gli utili – continua il fondatore – rinvestendo in parte nell’azienda e mettendo fieno in cascina per i momenti difficili. E così quando sono arrivati abbiamo sofferto meno degli altri».

L’azienda, che in Italia ha due sedi, a Mornago e  a Modena, aveva contattato altri possibili acquirenti, ma solo i cinesi «si sono rivelati affidabili». Dopo quasi due anni di controlli e inventari dettagliattisimi, «all’ultima vite», per determinare il prezzo di acquisto, è arrivato anche l’atto finale. «Sono il miglior vettore – aggiunge Augusto Caravati – per portare questo marchio italiano nel mondo e dare continuità all’azienda».

Il presidente del gruppo glissa sul prezzo di acquisto. Sorride, senza confermare, quando qualcuno ipotizza ad alta voce «50 milioni di euro». Poco importa, visto che i cinesi, in questo momento di magra generalizzata, non hanno certo problemi di liquidità. Sono venuti a fare la spesa in Europa, con un occhio particolare a tutte quelle aziende legate al settore dell’energia, punto debole della Cina. La C.B. Ferrari produce, infatti, macchinari per la costruzione di pale per turbine a gas e a vapore. E la prossima acquisizione italiana, nell’agenda della Jingcheng, sarà un’azienda di Pordenone, legata proprio al settore energetico.

«Questa strategia – spiega Uwe Herold, presidente del gruppo – è dovuta al fatto che il loro mercato interno è qualitativamente molto più basso del nostro e quindi non possono competere con noi, se non comprando le aziende e producendo in Europa. Con il tempo crescerà anche la loro qualità, ma ci vorranno moltissimi anni. Nel frattempo noi penetriamo nel loro mercato». Quindi, seguendo il ragionamento, i cinesi penetrano se stessi.

«Continueremo a produrre le nostre fresatrici e centri di lavoro a controllo numerico qui» ripetono i cinesi e gli italiani che si avvicendano sul palco, come a voler allontanare un sospetto che aleggia nella sala. Il gruppo Jingcheng comprende cinque  controllate: C.B Ferrari spa, C.B Ferrari srl, C.B Ferrari service srl, Tecnosoft srl, Meccanica Mornago srl e Assistenza C.B srl. Il nuovo consiglio di amministrazione è composto da Hubert Becker, Uwe Herold, Xiangfen Lu, Vittorio Bersi e Alberto Vaccari.

L’azienda di Mornago è un gioiello. Quando si entra nel reparto montaggio, sembra di stare in una sala operatoria. Il pavimento luccica, nulla è fuori posto, le macchine sono esposte come in un autosalone. Gli operai, che non sembrano sorpresi di avere un nuovo datore di lavoro, ascoltano la traduzione in cinese con aria interrogativa, raccogliendo tutta la loro attenzione solo quando l’ex patron Renato Bianchi si alza in piedi per ricevere una targa. Il fondatore della C.B. Ferrari è come un tennista che ha l’ultima battuta a disposizione per fare punto. Ma invece di colpire centralmente, tenendo un discorso ai suoi ex collaboratori, si affida a un colpo a sorpresa, quello che nessuno si aspetta. «C’è qui mica il nostro sindacalista, il Marasco? Volevo ringraziarlo pubblicamente, perché ci ha aiutato nelle pratiche per la cassa integrazione».
La partita è finita. E questa volta l’interprete non traduce.

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Pubblicato il 19 Novembre 2011
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