Corso Cristoforo Colombo e la città mai esistita

Perché una strada di periferia, sconosciuta ai più, neppure tanto ampia, porta il titolo altisonante di Corso? La risposta forse esiste, la via porta nel cuore della storia del quartiere

L’ottava puntata di “Cento metri di città

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A una estremità della via stanno le fabbriche tessili che un tempo furono le più grandi di Gallarate, al capo opposto una fabbrica modernissima in vetro e cemento. In mezzo, ci sta una via stretta e tranquilla, con poco traffico e un nome altisonante: Corso Cristoforo Colombo. Non via, ma proprio corso: perché quel nome?

A guardarla oggi nessuno lo direbbe, ma fino alla fine degli anni venti in Comune pensavano a questa parte di Gallarate quasi come ad un sogno urbano: nelle carte del Piano Regolatore di inizio secolo – rivisto nel 1917 – si immaginavano il corso, una grande piazza e viali paralleli, allungati dal centro su su verso la Cascinetta e Cajello, con le loro vie trasversali. Ed ecco spiegato quel nome pretenzioso, Corso Cristoforo Colombo, che poco oggi si addice ad una strada secondaria di prima periferia. A guardarlo su una carta degli anni Venti, sembra quasi di immaginare il corso come era forse nella mente degli urbanisti di allora: lungo quasi un chilometro, fiancheggiato dalle villette che forse sarebbero state dei dirigenti della fabbrica, poi più in su dalle case degli operai.

Percorrendolo oggi, nel primo tratto si vede il verde delle siepi e il muretto basso di pietra a vista delle case private costruite nel dopoguerra: era, quest’ultimo, il “marchio di fabbrica” della fabbrica Carminati. Lo stesso particolare architettonico del fronte della grande fabbrica di via Varese (in realtà in origine era Manifattura di Gallarate, rilevata solo nel 1932 da Carlo Carminati), lo stesso delle belle case operaie quadrifamiliari di via Montanara, dove abitavano le famiglie più fortunate, lo stesso persino su diverse case private della zona, anche relativamente recenti. Una vera e propria “firma” che caratterizza il quartiere, anche se magari non ci si fa molto caso. Proseguendo lungo la via, poco oltre si scorgono le villette con i fregi liberty e neogotici: sono affogate tra tanti edifici più moderni e vari. Una prima periferia quasi senza ordine architettonico ma con qualche elemento di pregio, tra alti palazzi anni Settanta e le bianche residenze firmate dall’architetto Moretti, edilizia borghese ai margini di un quartiere popolare com’è Cascinetta. Il filo dell’immaginazione qui si perde tra le auto in sosta e la città immaginaria sfugge anche a noi.

Il sogno però ricompare poco più avanti, all’incrocio con via Nazario Sauro che viene da Cedrate: la chiesetta settecentesca crea una strettoia con la casa accanto e qui Corso Colombo si riduce davvero ad una viuzza. Eppure, a guardarlo, l’incrocio avrebbe avuto un suo senso: secondo i progetti mai realizzati la chiesetta – pur piccolissima – avrebbe caratterizzato un largo ottagonale all’intersezione tra il nostro Corso e la strada che dal paesino di Cedrate portava dritti dritti verso la piazza centrale della Cascinetta, piazza povera tra la Ca’ di Matt e la chiesa della parrocchia che di lì a poco (nel 1933) sarebbe stata dedicata a Sant’Alessandro. Oggi non ha nulla di clamoroso, quell’incrocio, e solo un ristorantino dal nome ammiccante dà un tono ad un angolo di innegabile periferia. Oltre, corso Cristoforo Colombo diventa una strada ancor più stretta, fino a terminare senza gloria sotto la modernissima sede della Rimoldi & CF, fabbrica di macchine da cucire (nata nel lontano 1877), un tempo una delle tante fabbriche meccanotessili della città.

Cosa successe a Corso Cristoforo Colombo e a quella città immaginaria? Non lo sappiamo con certezza, non sappiamo se qualcuno cambiò idea consapevolmente o se solo ad un certo punto le cose andarono come dovevano andare. Forse la risposta sta nel tracciato dell’Autolaghi, la prima autostrada d’Italia, che con la grande curva verso Varese “tagliò” il quartiere disegnato sulle carte. O forse la risposta sta in un pezzo di città che è stato reale, ma che ora è solo nella memoria: la linea del tram Gallarate-Cassano Magnago, che fu aperta nel 1931. Da un documento dell’archivio del Comune di Gallarate sappiamo che all’inizio si pensò di posare i binari per Cedrate e Cassano sulla via Venegoni, ma alla fine si decise invece di far passare i tram sul percorso – più lungo ma anche più scorrevole e veloce – che comprendeva la via Varese e poi, verso Cedrate, un nuovo stradone. Così via Vittorio Veneto e viale XXIV Maggio furono tracciate come una sciabolata, a tagliare la maglia regolare dei viali pensati fino ad allora e destinati a non divenire mai realtà. Perpendicolare fu disegnato il rettilineo di via Raffaello Sanzio, che oggi ha sì l’aspetto di un viale alberato, anche se in piccolo (nella foto). Nacque la Cascinetta di oggi e la città immaginata finì nelle nebbie fitte della storia.

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Pubblicato il 22 Febbraio 2012
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