Fo: “C’è ancora quel teatro con le vele di tela?”

Mistero Buffo torna sul palcoscenico di Varese sabato 18 febbraio. Il premio Nobel anticipa che nel suo spettacolo non darà spazio a polemiche e politica locale: "Non vogliamo sporcare lo spettacolo con certe bassezze"

Più che uno spettacolo è una pietra miliare del teatro italiano. Mistero Buffo torna sul palcoscenico di Varese sabato 18 febbraio: biglietti a ruba e grande attesa per vedere nuovamente all’opera nella città giardino Dario Fo e Franca Rame con l’imperdibile piece giullaresca in lingua grammelot. Legati al territorio varesino (Fo è nato a Sangiano nel 1926, Franca Rame ha passato gran parte della sua infanzia nella nostra provincia), i due attori, drammaturghi e artisti a tutto tondo riportano al Teatro Apollonio il loro più famoso pezzo di teatro, studiato nelle Università e portato in scena in mezzo mondo. «Saranno trent’anni che non rifacciamo Mistero Buffo a Varese racconta Dario Fo a VareseNews -. L’ultima volta che siamo venuti in città siamo stati in quel teatro con le vele di tela. C’è ancora quello?». Lo rassicuriamo che nulla è cambiato e che di teatro stabile si è tornati a parlare da poco: «D’altra parte Bossi e compagni per la cultura non mi sembra abbiano mai avuto un grande interesse», aggiunge Fo, che ricorda come in tempi passati ci siano stati grandi assessori alla Cultura come «il mio amico Baj: lui ebbe grande attenzione per la cultura, ma durò poco. Farò una mostra di pittura a Milano a Palazzo Reale dove saranno esposte anche opere sue (“Lazzi sberleffi e dipinti” e “Addio Anni ’70, Arte a Milano”, celebrazione degli anni della contestazione con “I funerali dell’anarchico Pinelli” di Enrico Baj). Mi piacerebbe portarla a Varese, pensa che sconquasso verrebbe fuori».

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Della sua infanzia e gioventù nel Varesotto Dario Fo ha parlato più volte, ricordando la sua formazione artistica e aneddoti diversi, come quello che ci regala oggi: «È la provincia dove ho vissuto da piccolo e dove è cresciuta anche Franca: ci sono tornato decine di volte per passeggiate, visite e abbiamo portato qui tutti i nostri lavori nel tempo. Dei miei amici di allora non ce ne sono quasi più, è una gara di resistenza paradossale – scherza dall’alto dei suoi 86 anni da compiere il 24 marzo prossimo -. Mi ricordo di quando un mio compagno di Università al Politecnico, che avrà avuto dieci anni più di me (lui 30, io 20) mi portò all’Aermacchi a visitare la fabbrica dove lavorava e rimasi colpito dallo splendore della bellezza di quegli strumenti di morte: un senso di potenza assoluto, quasi surreale. Delle vere opere d’arte nella loro malvagità. Mi disse che gli americani appena finita la guerra si erano informati ed erano venuti a studiare la tecnica italiana. Io ne rimasi affascinato e colpito allo stesso tempo».

Mistero Buffo è uno spettacolo sempre in evoluzione, nato nel 1962, mai uguale a sé stesso. Anche questa volta Dario Fo e Franca Rame metteranno sul palcoscenico aspetti della quotidianità politica di questa nostra Italia affidata ai tecnici per salvarsi dal default economico: «Non possiamo farne a meno – spiega Fo -. L’attualità è l’aggancio indispensabile per il nostro lavoro, la chiave di lettura per tanti aspetti del quotidiano: le furbizie, le corruzioni, le mascalzonate, la bagarre. Ci sarà un po’ di tutto, mescolato e riadattato nel nostro spettacolo». Non ci sarà spazio per le piccolezze della politica nostrana però: «A trote e altri aspetti di bassa macelleria non ci voglio nemmeno pensare. Non vogliamo sporcare la nostra opera con queste bassezze».

Da premio Nobel (vinto nel 1997), il giudizio sullo stato della cultura nostrana è tranchant: «È un periodo nero, nefasto. Si trattano la cultura e gli intellettuali come fossero operai senza diritti. I nostri governanti tagliano quello che ritengono superfluo o pericoloso, come la cultura e la satira, ma così fanno del male a tutto il sistema – chiosa Fo -. Fino a vent’anni fa era più facile fare cultura, c’erano spazi e risorse maggiori: tanti attori che si sono formati con me e Franca hanno avuto possibilità che i giovani di oggi si sognano. In giro per l’Europa non è così, sebbene ci sia la crisi anche là: in Francia, Germania, Inghilterra c’è più spazio, più possibilità di iniziativa. Lo vedo andando in giro. Qui da noi manca la volontà, oltre che le risorse. In Italia questa crisi produce silenzio, e il silenzio è uguale a morte».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Febbraio 2012
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