I padri missionari contro il gigante delle miniere

Sfruttamento intensivo del suolo e inquinamento: l'impresa mineraria Vale ha vinto il premio 2011 di peggior multinazionale al mondo. La campagna è partita dai padri Comboniani: il racconto di Dario Bossi da Samarate, missionario in Brasile

Deforestazione, inquinamento dell’acqua e dell’aria. E quei treni che ogni giorno portano lontano la ricchezza del sottosuolo, sfilando accanto alla povertà di chi abita le terre "colonizzate". Contro la multinazionale mineraria Vale è in corso da qualche anno una battaglia civile delle popolazioni indigene del Maranhao, in Brasile, che questa settimana hanno ottenuto una vittoria importante: la Vale ha vinto il premio come "peggior multinazionale del mondo",  il "Public Eye Award".

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La multinazionale del ferro in Brasile 4 di 13

«Questa é una vittoria delle popolazioni che in vari modi si sentono vittima di Vale. Il risultato ha sorpreso anche noi, che abbiamo proposto la candidatura della multinazionale» ci racconta padre Dario Bossi, missionario comboniano che, partito da Samarate (Varese), vive da anni ad Açailandia, nello stato brasiliano del Maranhao. «I media internazionali stanno divulgando la notizia e Vale non potrá piú cammuffare gli impatti che finora é riuscita a nascondere. La critica si espande al modello aggressivo del saccheggio minerario, che alimenta un sistema affamato di materie prime e insostentabile nella sua voracitá». Padre Dario coordina da tempo la campagna Justiça nos Trilhos (Sui binari di giustizia), ha scritto in collaborazione con Francuccio Gesualdi anche un libro sul tema, “Il prezzo del ferro – Come si arricchisce la più grande multinazionale del ferro e come resistono le vittime a livello mondiale”, edito dalla Emi. Cura anche un blog che racconta la vita di missione ad Acailandia.

Perché essere missionario per te vuol dire fare anche questo tipo di attività?  «La chiesa qui in Brasile (specialmente nelle nostre regioni del nord del paese) é molto sensibile alla promozione dell’integritá del creato. La vita é dono di Dio e abbiamo la responsabilitá di prenderci cura non solo della nostra, ma soprattutto di quella delle generazioni dopo di noi. Nelle nostre regioni, al contrario, si assiste al saccheggio neocoloniale di risorse in funzione di un profitto immediato che lascia impatti e ferite profonde nei territori e popolazioni locali. Proprio in questi anni il sistema di estrazione ed esportazione di Vale nella regione di Carajás (la maggior miniera di ferro del mondo) sta raddoppiando (investimento enorme, di 11 miliardi di $). La chiesa si é pronunciata con coraggio contro questo modello di sviluppo a senso unico e senza futuro. Proprio in questi giorni (4-8 febbraio) in Sudafrica avverrá un incontro internazionale del Consiglio Mondiale delle Chiese sul tema dell’impatto dell’estrazione mineraria (e la nostra rete Justiça nos Trilhos sará laggiú!). Il nostro lavoro di missionari qui é prenderci cura delle comunitá che in vari modi sono vittime del sistema di estrazione mineraria: conflitti fondiari, espulsione dalle loro terre, conflitto con popolazioni indigene o afrodiscendenti, inquinamento delle falde acquifere e dell’aria che si respira, incidenti e morti per il passaggio costante dei treni di minerale di ferro». Il vero simbolo dello sfruttamento della terra a discapito di chi vive sono proprio i treni, o meglio «il contrasto visibile tra la miseria delle comunità locali ed un treno che passa trasportando ogni giorno il corrispondente in ferro di un valore bruto di 50 milioni di reais!» (22 milioni di euro). Forse è stata proprio questa immagine così chiara a far sì che la campagna fosse vincente: il caso di Vale in Brasile può essere ora accostato alla giapponese Tepco (la società proprietaria dell’impianto nucleare di Fukushima), alla coreana Samsung, alla britannica Barclays (vincitrice del premio della giuria a causa delle speculazioni sul cibo), alla svizzera Syngenta e l’americana Freeport McMoRan.

Questa settimana il nome di Vale – grazie alle oltre 25mila persone che l’hanno segnalata – è finito sulle pagine di molti giornali, riviste e siti internet. Un nome poco conosciuto, forse anche perché nata in anni piuttosto recenti: prima la compagnia apparteneva allo Stato, solo nel 1995 è finita in mani private, venduta nel mezzo della furia privatizzatrice di quegli anni. Oggi Vale – il più grande produttore di ferro al mondo – è attiva non solo in Brasile, ma anche in Perù, Australia, Mozambico, Indonesia, Canada. Nella zona del Maranhao si concentrano grandi stabilimenti siderurgici, senza filtri che evitino a polveri e residui di combustione del carbone di spargersi sulle città e i villaggi, con conseguenze tragiche per la salute. E a questo si aggiungono le enormi discariche frutto dell’attività mineraria a cielo aperto. I comboniani stanno dentro a questa realtà, in mezzo alla popolazione, con i religiosi e i laici missionari: «La nostra sfida é aiutare le comunitá a comprendere la dimensione del conflitto che stanno vivendo, metterle in comunicazione le une con le altre, dare visibilitá alle loro rivendicazioni, proporre alternative di vita in equilibrio con le risorse del territorio e le prospettive di futuro della nostra gente (per esempio agroecologia ed economia solidale). Essere missionari significa denunciare le strutture di peccato sociale che si sono installate nelle nostre regioni, a servizio del vorace sistema neoliberale, ed annunciare il Regno di Dio che nasce nelle relazioni di equilibrio, rispetto e valorizzazione dei piú piccoli e della vita».

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Pubblicato il 04 Febbraio 2012
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