I danni della Lega e di Serra
Un nostro lettore ha scritto una risposta esemplare a un corsivo di Michele Serra uscito ieri su Repubblica. E viene da dire: ci risiamo. Il giornalista ci ricasca un’altra volta, e ora non si può certo invocare il diritto di satira.
Dopo altre polemiche, dopo aver attaccato Malpensa in modo a dir poco superficiale, ora è il turno dell’Università. Come minimo c’è poco rispetto per tutta una comunità di persone fatta di migliaia di studenti, centinaia di docenti e di personale a vario titolo. Serra forse non sa che l’Insubria opera in due diverse provincie, gestisce una fetta importante dell’ospedale, ha centri di ricerca e molto altro.
Ma la questione non si ferma alla sola critica dell’Università. La penna, o i tasti della tastiera, a volte, giocano brutti scherzi.
Chi scrive non ha alcune simpatia per la Lega nord e non ne ha mai fatto mistero. Appena dieci giorni fa si è preso fischi per averlo dichiarato pubblicamente durante una presentazione di un libro. Troppo rancore, troppa ostilità verso il prossimo. "Padroni a casa nostra" è una delle affermazioni più brutte che si possano sentire, perché non significa niente ed è carica di tensione.
Va riconosciuta però la passione, la carica sincera di tanti militanti e dirigenti, la bontà di alcune istanze leghiste e anche la spinta a un certo rinnovamento (per la verità ormai ossidato da tempo), ma resta un mare di differenza tra la mia visione della vita e quella dei leghisti.
Fare il giornalista a Varese presuppone però entrare dentro la vita di quel movimento, conoscerne a fondo le cose e raccontarle. La descrizione di Serra è un insulto profondo non solo alla Lega, ai suoi militanti, ai dirigenti, e a Bossi, ma a tutto il popolo italiano.
Non c’è cosa peggiore della denigrazione dell’avversario politico. Tony Blair racconta spesso che, quando i laburisti guidati da lui, dopo tanti anni di opposizione, vinsero le elezioni, era solito chiedere cosa avesse di sbagliato il popolo inglese per aver tenuto per troppe stagioni alla guida del paese i conservatori. Oggi lui stesso ride di quella domanda, ma allora ci credeva. Vinse perché riuscì ad interpretare i sentimenti della gente e a riaccendere una speranza di cambiamento.
È successo anche nel nostro Paese. Basta pensare a Milano, tanto per citare l’ultimo esempio. Non è che i milanesi prima fossero tonti e ora all’improvviso si siano ravveduti.
"È quasi prodigioso che con ingredienti così poveri la grande simulazione di Bossi abbia potuto reggere così a lungo. È come se un "Amici miei" di basso rango fosse arrivato a governare un Paese. Poi i giudici, non per colpa loro, arrivano sempre dopo".
Non viene il sospetto a Serra che la Lega abbia rappresentato bene un pezzo dei sentimenti della nostra Italia? Forse, e c’è da augurarselo, ci avviciniamo a un capolinea, ma se il mezzo per arrivarci sarà la Magistratura non avremo fatto un solo passo avanti verso una migliore democrazia e vita civile. Anche qui ci viene in soccorso la storia, quasi ancora cronaca. Non è responsabilità dei giudici quanto successo dopo Mani pulite, ma da quell’epoca noi dobbiamo ancora uscirne, con in mezzo un Paese che è fermo da vent’anni. È la politica e la società civile che devono far avanzare idee diverse. La Magistratura fa bene a fare il proprio lavoro e assicurare alla giustizia chi delinque, ma la realtà non si cambia con leggi e regolamenti, e di sicuro nemmeno con le galere.
L’Università dell’Insubria, al di là di tutte queste considerazioni, è un patrimonio di tutta l’Italia e non solo di un pezzo della Lombardia. Averne maggiore rispetto è il minimo che va chiesto a chi ha il potere di informare.
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