“In Lombardia i posti di lavoro sono sempre più precari”
La Cgil avverte: «su 100 ingressi nel mondo del lavoro, solo 18 sono regolati da contratti a tempo indeterminato, mentre il 55% è regolato da contratti a termine»
«Sembra passato un secolo, ma sono passati solo cinque mesi, e la situazione è ancora pessima per lavoratori, giovani e pensionati». Franco Stasi comincia così l’intervento dal palco del Centro congressi De Filippi di Varese, e apre il dibattito pubblico dedicato alla riforma del mercato del lavoro. Per il segretario della Cgil di Varese, questa crisi non è solo produttiva ma coinvolge anche i valori comuni, i comportamenti, affonda la politica che invece, secondo il sindacato, oggi più che mai deve occuparsi delle cose concrete: il lavoro che non c’è, la giustizia sociale, il dramma dei suicidi nel mondo del lavoro. «Questo Governo tecnico – prosegue Stasi – è formato da persone per bene, presentabili, e ricerca tre obiettivi: rigore dei conti, equità e giustizia sociale. Il primo lo vedo, gli altri due no».
Il giudizio della Cgil sulla riforma del mercato del lavoro non è poi così netto. In realtà si compone di posizioni molto articolate. «Ci sono molti aspetti – chiarisce Stasi – che segnano un’inversione di tendenza, come quelli sui lavoratori portatori di handicap, gli immigrati, la soluzione sulle cosiddette dimissioni in bianco, cancellata dal precedente Governo, e l’evasione fiscale. Ma rimangono forti perplessità sugli ammortizzatori sociali che riguardano soltanto alcune fasce di lavoratori».
A parlare della crisi e della situazione della Lombardia c’è anche la segretaria regionale della Cgil, Fulvia Colombini: «A partire dal 2010, ogni anno sono di più i posti di lavoro distrutti rispetto a quelli creati. E in fasi di stagnazione come questa, la flessibilità acquisisce un’altra funzione: sostituisce i posti di lavoro di qualità con quelli precari e flessibili».
In Lombardia, nel 2011, su 100 ingressi nel mondo del lavoro, solo 18 sono regolati da contratti a tempo indeterminato, mentre il 55% è regolato da contratti a termine, la cui durata si assottiglia sempre di più: tre, due, anche un mese. La percentuale restante è regolata da contratti co.co.pro., contratti di collaborazione a progetto. I dati sull’apprendistato (la forma di ingresso nel mondo del lavoro che il ministro del Welfare Elsa Fornero vorrebbe che fosse privilegiata) sono scoraggianti: meno del 3% dei lavoratori ha usato questo contratto per cominciare a lavorare. «La flessibilità – continua la segretaria – e la precarietà incontrollata, quindi, producono questo effetto. Occorrerebbe dunque inserire alcuni paletti, come la Cgil sta chiedendo, per supportare i lavoratori».
Stasi non dimentica un tema delicatissimo al centro del dibattito pubblico: i suicidi nel mondo del lavoro. E si dice preoccupato del fatto che, in situazioni di crisi come questa, tutto il resto passi in secondo piano. «La sicurezza del luogo di lavoro, la scarsa attenzione rispetto a quello che sta accadendo sul fenomeno dell’usura – spiega il segretario provinciale – coinvolge non solo le imprese ma anche i lavoratori e le famiglie. I fenomeni di depressione e di suicidio non vanno trascurati».
Da Varese, allora, la Cgil invoca la mobilitazione sul territorio, chiedendo che in ognuno dei 141 comuni della provincia si aprano dibattiti sulla crisi e conferma le sedici ore di sciopero che ha precedentemente proclamato. Il 13 aprile a Roma, per difendere insieme a Cisl e Uil i lavoratori esodati (senza tutele e in bilico tra lavoro e pensione), e il 20 aprile a Gallarate (che con Busto Arsizio rappresenta la zona più colpita dalla crisi), con 4 ore di sciopero, per dire che il lavoro non è una merce, «ma una persona» con i propri diritti.
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