“Un errore incredibile indicare l’università al servizio della politica”

Pier Fausto Vedani ripercorre le tappe della nascita dell'ateneo: «La prima lezione dei corsi di medicina distaccati da Pavia nello scantinato del padiglione di geriatria»

Un gruppo di professori  dell’Università dell’Insubria con ribadita  cortesia,  tale forse per  sottendere un pizzico di  ironia, ha ricordato a Michele Serra, antileghista  biologico, che l’ateneo è nato prima della eruzione del Carroccio  e pur avendo avuto contributi dalla politica, indispensabili all’istituzione  accademica a livello  burocratico e amministrativo, non ha mai fatto parte di nessuna scuderia.  
Concetto in precedenza approfondito con energia da  un  attivo e democraticissimo dipendente dell’ Università  rispondendo a una valutazione  fatta da Michele  Serra, forse per un dondolio di troppo,  nella sua rubrica “Amaca” di “Repubblica”.

I  professori hanno ragione: la prima lezione dei  corsi pareggiati di medicina  distaccati  da  Pavia alma mater, venne tenuta  nello scantinato del padiglione di  geriatria dell’ospedale di Circolo da Delfino Barbieri, un luminare autentico. In prima fila tra gli allievi il dott. Silvestri, oggi direttore sanitario dell’Humanitas e   tra i fondatori del ” Circolo della Bontà”. Correva  l’anno 1973, la lezione venne tenuta  dopo la sottoscrizione dell’accordo  che dava il via ai corsi pareggiati; per parte pavese  a firmare fu il papà del nostro professor Cherubino, che ha dato fama  nazionale al “Circolo”.
Per coronare  il sogno accademico di Varese la trattativa aveva avuto  tempi, protagonisti e fasi diversi. Come capocronista della “Prealpina”  venni chiamato dal mio direttore Mario Lodi a partecipare a incontri ai quali presenziavano il rettore pavese Fornari, l’avvocato Valcavi, il dottor Taborelli, amministratore delegato della “Prealpina”. Sapevo  dell’interessamento  di  Giuseppe  Zamberletti, ma  nei quattro incontri ai quali partecipai non vidi un politico,  sul tappeto c’erano sempre questioni  tecniche e finanziarie.
Dopo l’avvio dei corsi non ci fu  entusiasmo da  parte  del Comune, mentre la Provincia  si aprì subito all’iniziativa.
 Le scelte di  Comune e Provincia  furono diverse  per  ragioni di bilancio e per il tradizionale attaccamento che la città aveva nei confronti dell’ospedale, dove l’ateneo era visto come un temibile concorrente. Non fu un caso che Massimo Ferrario, eccellente presidente  della  Provincia, procurasse la sede  alla giovane Università’ battendo  il Comune, altro tempio leghista.
Nemmeno un intelligente intervento personale di Bossi  influì sulle libere determinazioni  dell’ ateneo  insubrico: ricoverato  in una clinica per un piccolo intervento Bossi venne simpaticamente  minacciato dal rettore Dionigi: non passarono molte ore,  arrivò da Roma  il ministro Tremonti  e nella  Finanziaria che sarebbe stata votata pochi giorni dopo apparve il   grande  finanziamento per i lavori di restauro della sede  universitaria.
Il rettore Dionigi  nella sua guida dell’Insubria è stato certamente  ministeriale, anche quando  al governo c’era  il Centrosinistra, non è incappato  in nessuna  scomunica politica: come gli altri rettori ha badato a promuovere  quella  che, in termini di autonomia da Pavia, era   la sua creatura.
La storia vuole  che  non venga dimenticata nemmeno la presenza di  docenti universitari nel primo  governo comunale  Fumagalli. Furono preziosi per la città. Il  Fumagalli bis non ebbe più  i  “prof”, fu deludente.
Nessun tipo di rivincita a memoria di  cronista  c’è mai stata verso chi a Varese l’Università non l’ha mai aiutata, inoltre non è mai emerso il minimo indizio che essa abbia contratto obblighi sul fronte politico. L’Università è un vero potere forte, non conosce nemmeno le crisi di quello della grande finanza.
Il mondo accademico è un pianeta  splendidamente isolato. Un pianeta di potenti che nessuno  è mai riuscito a condizionare, che ha grandi meriti e una quantità di difetti, anche enormi. Se gli fanno una legge contro, magari solo per limare delle incrostazioni, campa cavallo..
Indicarlo allora  al servizio  della  politica, dove tra l’altro  gli incapaci  e i  fanfaroni abbondano, è un errore incredibile. 
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 07 Aprile 2012
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