Dietro la tenda c’è la poesia

La Nomos Edizioni per le copertine dei volumi dedicati alla collana di poesia contemporanea ripropone disegni di stampa del textile bustocco. Risultato: eleganza e una risposta alla ricerca di senso

C’è molta bellezza e originalità nella collana di poesia contemporanea della Nomos Edizioni. Risultato quasi mai scontato nel panorama editoriale italiano, soprattutto se si parla di libri di poesia.
In tutti i settori – e l’editoria non fa eccezione –  le cose funzionano se hanno dietro un’idea forte, un pensiero che tende a rompere con le consuetudini culturali ed estetiche.
Quella avuta dall’editore di Busto Arsizio e dall’art director Antonio Maria Pecchini, cioé di riprendere il disegno dei tessuti prodotti dall’Astra Nova spa e riprodurli sulle copertine dei libri, non è però solo originale. È qualcosa di più perché rende onore al genius loci, cioè alla vocazione di una terra, legandola a quanto di più universale e quindi globalizzato (nel senso migliore del termine) ci sia al mondo, ovvero la poesia.
C’è, dunque, una bellezza vissuta nelle cose reali, industriali e quotidiane, come possono essere appunto delle tende, che diventa il “sipario” delle parole pensate e aiuta il lettore nella ricerca di una direzione che sembra smarrita di fronte alla crisi che non è solo economica ma, più in generale, di senso. 
Sfogliando l’ultimo nato (la settima pubblicazione della collana di poesia), “Quaranticinque poesie 1952-1961” dell’ungherese Tomaso Kemeny ci si imbatte in un tessuto palace coupé dove domina il blu, scostato il quale scorre una vita importante di poeta, drammaturgo, saggista e accademico (l’autore insegna letteratura inglese all’università di Pavia).
Così Vincenzo Guarracino autore della prefazione al libro di Kemeny: «Prende corpo attraverso queste tappe, una “historia sui”, una sorta di “ritratto da cucciolo” (per usare il titolo di un’opera di Dylan Thomas, scrittore a Kemeny particolarmente familiare ), in cui l’autore si accompagna alla scoperta di sé…».
È  evidente che esiste una sensibilità artistica che è un tutt’uno con la storia industriale del territorio, perché l’operazione culturale di Nomos Edizioni è molto vicina all’esperienza fatta da Pino Ceriotti nella pittura. Appartenente a una famiglia di imprenditori tessili bustocchi, Ceriotti dipinge i suoi grandi ritratti sui campioni di stoffa rimasti nel magazzino dell’azienda dopo la sua chiusura. E, guarda caso, tra i suoi soggetti preferiti ci sono i poeti della beat generation.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Luglio 2012
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