La corsa all’oro e le padelle, l’ avventura di VareseNews

Due settimane fa il direttore ha partecipato a Digit, un'iniziativa per fare il punto sul giornalismo digitale. Tre incontri per lui come relatore

Il tema era di quelli tosti, ma il nostro direttore non si è sottratto al confronto rispondendo in modo schietto alle domande. Di seguito riprediamo quanto pubblicato dal sito ufficiale di Lsdi proprio sulle ragioni di un successo anche economico del nostro giornale.
Il panel, moderato da Vittorio Pasteris, era intitolato: "La corsa all’oro dei giornali e giornalisti nativi digitali – Contributi pubblici, venture capital, crowdfunding, il borsellino degli amici: come finanziare il giornalismo del terzo millennio".

Marco Giovannelli, perchè siete vincenti?
«Dodici anni fa, nel 2000, in pieno boom della rete, nasce Vareseweb (società editoriale che controlla Varesenews, testata nata nel 1997).  “Nella corsa all’oro l’unico che guadagna è chi vende le padelle”, dicevano gli scettici del web. Io pensavo, basandomi anche sull’ esperienza, che un portale iperlocale fosse più interessante di un portale generalista, anche se specializzato.
Abbiamo tenuto presente gli elementi cardine del successo di un sito/portale, e non lo dico solo io, lo dicono in tanti, anche ad esempio la responsabile di Google italia: geolocalizzazione, mobile, social network.
Noi siamo fortemente geo-localizzati, ma ad esempio ci stiamo specializzando ancora di più creando una home page per ogni singolo comune della nostra provincia: Varese ha 141 comuni. L’abbiamo fatto con i tag: non abbiamo inventato nulla. Non abbiamo un livello tecnologico altissimo e sofisticato, ma un livello buono, nella media».
Ma i numeri vi hanno dato ragione…
«I numeri pazzeschi ci sono quelli a livello globale, sul locale è molto più difficile.
Anche se i numeri, misurati, fanno la differenza.  L’autorevolezza fa la differenza. L’ascolto fa la differenza.
Il rapporto attivo e partecipe fra giornale e la propria comunità fa la differenza.
E i nostri numeri sono diventati davvero  notevoli:  2 milioni e mezzo di visite al mese e 14 milioni di pagine viste».
 
E questo vi ha permesso di regolarizzare i dipendenti…
 «I giornalisti che lavoravano a Varese News sono stati tutti regolarizzati, ma  a piccoli passi, tre anni fa,  dopo 12 anni di precarietà assoluta, garantita ma non scritta; la cooperativa di giornalisti di varese news garantiva i precari come se fossero assunti».
 
La formula?
«Bisogna credere al progetto e darsi un’anima, ma tenere aperta la mente pronti a cambiare imparando dai propri errori.
Bisogna riuscire ad adattare i discorsi nazionali, i trend e le notizie stesse, alle logiche locali per scoprire che la realtà spesso è molto diversa da come le statistiche la rappresentano.
Un esempio: la questione della rarefazione dei posti negli asili nido. Spesso sui giornali nazionali si ripete, da anni, che mancano i posti. A Varese oggi ci sono posti in abbondanza, mancano i bimbi. Si è modificata la crescita demografica».
 
Grande attenzione alla comunità?
 «Sì. Ascoltare, conoscere, interagire con  la comunità e analizzare i dati che arrivano dal territorio».
 
E una grande dose di flessibilità?
«E’ importante la flessibilità, quella legata alla ricerca di innovazione e di progetto, non la flessibilità intesa come ulteriore sopruso: lavoro gratis, o addirittura ‘’pagare’’ il datore di lavoro perchè ti da visibilità.
Il resto dipende dalle situazioni e dalle circostanze. Non esiste una formula né matematica né tantomeno magica».
 
Ma un progetto editoriale richiede delle risorse. Come avete fatto a trovarle?
 «Come raccogliere fondi? Sfatiamo i miti: sono contrario agli aiuti pubblici, che la regione Toscana spenda 350.000 euro sul giornalismo digitale è ottimo, si lanceranno start up, ma finita l’incubazione poi bisogna che ognuno sappia sopravvivere con le proprie forze.
Io ho pensato a lungo che una parte dei nostri servizi dovessero finire per essere pagati dai nostri utenti, ma il mercato italiano e l’opinione dei lettori mi hanno convinto del contrario. Quella però potrebbe essere una pista da seguire, valutando caso per caso. Ma penso che oggi sia poco praticabile. Se i numeri di chi ce l’ha fatta sono quelli del Wall Street Journal o del Local di Manhattan che contano su milioni di lettori, non sono dati in alcun modo assimilabili ad un media iperlocale italiano».
 
E allora, come trovare soldi?
«Il modello di business? In parte la pubblicità, ma in parte dobbiamo reinventarci la nostra professionalità e fare un pò i conti con il mondo della comunicazione, da sempre in stridente contrasto con quello del giornalismo. Noi di Varese News in parte l’ abbiamo dovuto fare cercando in ogni modo di rimanere in equilibrio.
Ad esempio siamo riusciti a farci pagare alcuni blog. La visibilità della nostra piattaforma è stata la chiave di volta per riuscire ad attrarre investimenti di questo tipo».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Luglio 2012
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