“Aeroporti, serve più concorrenza. No a risorse a pioggia”
Il commenti di Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni nelle infrastrutture e trasporti
Riceviamo e pubblichiamo
L’enorme spesa pubblica fin qui realizzata per le grandi opere non basta, va incrementata in ogni settore per favorire lo sviluppo. E’ questa la logica del Ministro Corrado Passera che vale anche per il settore aeroportuale il cui piano è in discussione in queste ore. L’Italia il Paese con il maggior numero di aeroporti commerciali d’Europa (60), ma solo quarta per numero di passeggeri e solo settima per merci trasportate e scopre di avere la necessità di nuovi grandi investimenti infrastrutturali per rilanciare il trasporto aereo. L’idea è del Ministro Corrado Passera che sovrastimando le previsioni del traffico dagli attuali 140 milioni a 220 milioni per il 2020 gioca sul piano aeroportuale nazionale per rilanciare la spesa.
I limiti allo sviluppo posto dagli scali italiani sta nella poca concorrenza del settore, nella poca efficienza del sistema gestionale e da una scarsa per non dir nulla regolazione pubblica. Infatti i concessionari aeroportuali non son sottoposti ad alcun tipo di controllo sulla gestione finanziaria delle loro enormi risorse derivate da obsolete e clientelari rendite di posizione monopolistiche. Non è un caso che nella classifica di Skytrax (che quest’anno ha consultato 12 milioni di passeggeri di 39 Paesi) non c’è nessuno scalo italiano nella lista dei cento aeroporti preferiti nel mondo. Neppure nella classifica regionale dell’Europa meridionale non figurano scali italiani tra i preferiti spiccano Barcellona, Madrid, Istambul, Nizza, Palma e Lisbona. Anziché razionalizzare il settore, informatizzarlo e renderlo più efficiente con moderni sistemi di gestione sono in vista nuovi aumenti delle tariffe per compagnie aeree e passeggeri e una dissennata politica ambientale (sul modello campanilista dei porti) che peggiorerà anziché migliorare il sistema dei trasporti italiano. Solo in Italia i concessionari aeroportuali, seduti su miniere d’oro, pagano canoni di concessione irrisori allo Stato cosi garantiti da renderne la gestione tra le peggiori del vecchio continente.
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