Infermieri: studiano in Italia ma lavorano in Svizzera

In Germania è polemica per i medici che vanno a lavorare in Svizzera. Anche l'Università varesina sostiene i costi di preparazione di infermieri impiegati nel sistema ticinese

Medici importati dalla vicina Germania, infermieri reclutati in Insubria. La Confederazione elvetica sta facendo i conti, in questi giorni, con la nazionalità del personale sanitario. Così, in Svizzera tedesca è partito un appello per aumentare il numero di dottori ”autoctoni”. Come riferiva Ticino on Line, in Svizzera sono circa 700 le persone all’anno che si laureano in medicina a fronte di 30.000 medici operativi. L’invecchiamento costante della popolazione, con tutto il fabbisogno che ne consegue, ha portato ad alzare le antenne. 

Il nodo della questione è di tipo formativo. Nel suo articolo, il quotidiano on line ticinese analizza il risparmio della Svizzera negli ultimi anni sul piano della formazione: circa un miliardo di franchi grazie all’importazione di medici dalla Germania a fronte di investimenti tedeschi di circa 917 milioni di euro.
Il Consiglio federale è da anni che fa pressione sui cantoni per aumentare il numero disponibile di posti nelle facoltà di medicina e anche la Conferenza dei direttori cantonali della Sanità vorrebbe ampliare di almeno 400 unità gli studenti laureati in medicina all’anno. 
 
In altri termini e con altre ansie, nelle nostre zone di confine si vive l’esodo del personale infermieristico, formato nelle università italiane ma spesso attirato da occupazioni in terra elvetica. La carenza di infermieri professionisti si sente in Italia: gli sbocchi occupazionali non sono solo quelli ospedalieri ( nelle aziende pubblico le assunzioni sono spesso bloccate per questione di pareggio di bilancio) e i neo laureati hanno solo l’imbarazzo della scelta, tra pubblico e privato: « In effetti, per anni anche gli infermieri sono stati “importati” in Svizzera già formati in Italia, la vecchia scuola per infermieri regionale di Varese e poi l’Università degli Studi dell’Insubria hanno formato moltissimi ottimi infermieri dei quali una parte consistente lavora in Svizzera. Questi, grazie alla loro preparazione, hanno pian piano occupato posti di rilevo sia nella clinica che nell’organizzazione – commenta Aurelio Filippini, presidente del Collegio Ipasvi di Varese –  Comprendo i risentimenti della Germania rispetto al personale formato e poi perso, e immagino il desiderio ora della Svizzera di formare i propri professionisti, tenuto conto che la base degli operatori sanitari medici e infermieri non è autoctona. Non entro nel merito delle strategie e decisioni che i vertici svizzeri hanno preso, sono sicuramente provvedimenti oculati, auspico però che non si dimentichi che la loro sanità fino a poco tempo fa è stata formata da personale altamente qualificato proveniente dall’estero che tuttora rappresenta una base forte e professionalmente elevata. La politica di valorizzare e incrementare la formazione interna è sicuramente lodevole, da esempio anche per la nostra regione, che come noto al momento investe davvero troppo poco».
Il prossimo 11 settembre, l’Università dell’Insubria proporrà il test d’ingresso agli studenti, attualmente 283, che vogliono garantirsi uno dei 180 posti a disposizione del corso di laurea in Scienze infermieristiche. In tutta la Lombardia le matricole della facoltà infermieristica sono 2060. È stata bocciata, infatti, la richiesta di attivare tre nuovi corsi: « La Regione spende circa 150.000 euro per ogni facoltà infermieristica attivata – spiega Filippini – a cui si aggiunge un corso che varia tra i 7500 e i 10.000 euro per studente nel triennio». 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Agosto 2012
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