Le “puttanazze” servivano per una guerra di ‘Ndrangheta

I curiosi soprannomi usati per le pistole e la droga, ma sullo sfondo il gruppo arrestato dai carabinieri riforniva una cosca calabrese facendo base anche nel Varesotto

«Le armi si comprano per armare gli eserciti, e gli eserciti servono per fare le guerre, non altro».

Con queste parole, semplici e chiare, il pm della direzione antimafia di Milano, Mario Venditti, spiega perché la cosca Ferrazzo stava facendo rifornimenti di armi in Svizzera. E perché le stava facendo passare tra Gaggiolo e Brogeda, affidandole a due insospettabili anziani elvetici, e utilizzando come canale di approvvigionamento una vecchia conoscenza dei magistrati, Francesco Scicchitano, 63 anni, un uomo che di mestiere, secondo le accuse, fa proprio l’importatore di armi per la criminalità. Non un dipendente di una cosca sola, ma uno che lavora in proprio, ha i suoi agganci in Svizzera, ha uomini dedicati e movimenti giusti adatti allo scopo. In Svizzera comprare certi tipi di armi è legale, il reato è invece importarle illegalmente in Italia.

Scicchitano è stato arrestato in un controllo (era seguito dalla polizia svizzera e dai carabinieri) il 9 gennaio del 2010 a Castelnuovo Scrivia (Alessandria), dopo un inseguimento in cui un complice punta la pistola in faccia a un maresciallo dei carabinieri per scappare. 

Il pm Venditti spiega che le sue sono solo ipotesi, nate però da deduzioni logiche. La cosca di Mesoraca (piccolo paese del crotonese che ha dato vita a una imponente migrazione verso Lavena Ponte Tresa negli anni settanta) fu fondata da Felice Ferrazzo. Il figlio Eugenio 34 anni (tra gli arrestati dai carabinieri di Varese in questa operazione), ne avrebbe preso il posto, ma una decina di anni fa fu il cugino Donato Mario Ferrazzo detto “Topolino” a ottenere il predominio. Le due anime del gruppo si fronteggiano da tempo, e negli ultimi dieci anni vi sono state decine di morti.

I soprannomi

La droga e le armi avevano dei nomignoli per evitare le intercettazioni, ma non solo: a Mirco De Notaris è stato anche trovato a Vasto un apparecchio per bloccare le frequenza delle intercettazioni telefoniche. Mentre a Tortona lo Scicchitano usava una cabina telefonica per fare le prenotazioni. E così la roba e il linguaggio diventa paradossale. Si parla di «200 litri di olio», di «motorini» per indicare le pistole, di «belle donne» per la droga,  o addirittura alcuni parlano delle armi come le «puttanone», che devono essere nuove e ben oliate, così come risulta dall’ordinanza firmata dal gip di Milano Donatella Banci Buonamici. Uno degli intercettati, Nicolao Ambrosini (già arrestato in precedenza) chiama le armi «le due sorelle». Telefona a un armiere svizzero usando un nome falso e per telefono afferma. «Si si … è già una gran puttanazza anche quella lì» riferendosi a una pistola. Anche la marijuana in altri casi diventa «bella donna» o «puttanona» a seconda dei casi. E l’affare ben riuscito è un festante: «Butta la pasta!».

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Pubblicato il 13 Settembre 2012
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