“Con le aliquote Imu le Imprese diventano bancomat”
Franco Orsi, presidente di Cna Varese Ticino Olona, esprime tutta la sua delusione per la scelta fatta dalle amministrazioni comunali: in provincia di Varese quasi tutti hanno scelto i livelli massimi dell'aliquota per gli immobili produttivi
Lo scorso mese di febbraio, temendo le possibili ricadute dell’applicazione della nuova – vecchia imposta sugli immobili per le attività produttive Cna Varese aveva scritto a tutti i comuni della provincia di Varese chiedendo di tenere conto, nel deliberare le aliquote, della situazione di difficoltà in cui da anni versano le imprese. L’iniziativa era stata ripresa da quasi tutte le associazioni di rappresentanza, segno che la preoccupazione per la nuova imposta era diffusa e generalizzata tra gli imprenditori. (nella foto: Franco Orsi)
Adesso con la scadenza per il pagamento del saldo Imu, è arrivata anche la resa dei conti. «Dobbiamo purtroppo constatare – spiega Franco Orsi, presidente della Cna – come quella nostra richiesta sia stata largamente disattesa e come alle attività produttive ed ai suoi problemi i comuni della provincia di Varese abbiano in generale prestato ben poca attenzione. Non c’è nessun dubbio che la spending review costringa gli enti locali a veri e propri salti mortali per far quadrare i conti, ma è altrettanto fuor di dubbio che, letta in controluce, la vicenda Imu rappresenti l’ennesima occasione mancata per guardare oltre alle immediate necessità di cassa. Almeno per ciò che riguarda l’applicazione di questa imposta sulle attività produttive».
La critica di Cna si concentra proprio sulla scelta da parte delle amministrazioni comunali di massimizzare l’incasso. «Se, infatti, per le abitazioni abbiamo assistito all’introduzione di una varietà di aliquote, segno di una giusta attenzione alle condizioni della proprietà e agli utilizzi – continua Orsi – per le attività produttive le amministrazioni comunali hanno generalmente preferito raccogliere a piene mani tutto ciò che era possibile applicando le aliquote massime a tutti gli immobili: dai laboratori ai negozi, dai capannoni ai beni merce delle imprese edili, senza distinzione alcuna. E nemmeno senza badare alle condizioni di utilizzazione dell’immobile, ovvero se questo fosse locato, invendibile, sfitto e via dicendo». Questa scelta si basa su un assunto: il proprietario di un capannone che non trova un’impresa a cui locarlo è equiparabile al proprietario di un appartamento sfitto, quasi come se la crisi economica fosse virtuale e i dati che segnalano il calo delle nuove imprese e l’impennata delle cessazioni fossero numeri a caso. Quindi, l’immobile produttivo, sia questo un negozio, un laboratorio, un’officina, una grande impresa, è stato trattato né più né meno alla stregua di un bancomat.
«Evidentemente – conclude il presidente di Cna – nelle amministrazioni comunali è invalsa la convinzione che le categorie degli artigiani, dei commercianti, delle piccole medie imprese produttrici, possano contribuire alla finanza locale a prescindere dagli ordini di lavoro che non arrivano, dai tempi dei pagamenti non rispettati, dal difficile accesso al credito bancario, dall’aumento di addizionali regionali e comunali, da un carico fiscale complessivo che non ha eguali in Europa, dalla stagnazione dei consumi e dal crollo della fiducia nel futuro. È una mancanza di attenzione che preoccupa, perché testimonia l’incapacità di comprendere che oggi la sopravvivenza stessa delle imprese, e con essa la salvaguardia dell’occupazione, passa attraverso politiche di tassazione attente, lungimiranti, che non si possono e non devono fermarsi davanti all’immediata esigenza di cassa. Ne siamo profondamente delusi».
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