Dice “terrona” alla vicina, processato per razzismo

Litigio in cortile finisce davanti al tribunale, un uomo contestava alle vicine di casa salernitane un parcheggio sgradito ed è finita con appellativi a carattere geografico

Una lite di vicinato finisce dal giudice di pace, ma la natura dell’insulto rivolto a due donne cambia l’accusa e all’improvviso un 64enne di Besozzo si trova a processo con l’accusa di razzismo. E’ accaduto al tribunale di Varese, dove oggi si è celebrato un processo in cui il pm di udienza Francesca Rombolà ha chiesto il minimo della pena per il pensionato autore delle ingiurie, ma ha anche contestato l’aggravante della discriminazione razziale, che in teoria potrebbe portare l’uomo a una pena fino a tre anni di carcere. Il giudice si è riservato la decisione ma è interessante anche il contesto, e soprattutto come mai, questa accusa sia giunta fino al tribunale monocratico. Il fatto risale oramai al 2005. Il signor Alfredo G., inquilino del primo piano in una casa di corte, aveva rivolto apprezzamenti pesanti nei confronti di due donne, madre e figlia, originarie della provincia di Salerno, Santina e Annarita. Il motivo del contendere è lo stesso che fa litigare da sempre i vicini di casa, ovvero il fatto che le donne parcheggiassero la macchina in un punto che non è grato al signor Alfredo. Durante un litigio, l’uomo ha apostrofato le donne con queste frasi, riferite in querela: «Terrona di m…te sei andata alle scuole dei terroni…siete una categoria di m…». E secondo la parte civile avrebbe anche fatto subire alla controparte «rutti e flatulenze». 

Le signore sono state talmente scosse dalle continue ingiurie che hanno anche prodotto certificati medici ottenuti in pronto soccorso per i forti stati di ansia. La vicenda è finita davanti al giudice di pace di Gavirate e qui c’è stato il colpo di scena: il giudice si è dichiarato incompetente in materia e ha rimandato gli atti in procura, poiché a suo giudizio c’erano gli estremi per l’aggravante razziale. Il pm ha argomentato che, aver individuato “i terroni” come una categoria, non costituisce certo l’identificazione di una razza, ma configura il fatto che l’imputato l’abbia voluta classificare alla stregua di una razza inferiore, esponendosi in questo modo alla contestazione di aver praticato la discriminazione razziale. Il giudice deciderà a gennaio.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Dicembre 2012
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