Quando l’amministratore del blog a Varese fu assolto

Dopo la sentenza che ha condannato una blogger, ecco una sentenza divergente del 2010 che si risolse a favore del gestore del meet up di Beppe Grillo. Il dibattito è di grande attualità

La condanna a una blogger, a causa dei commenti anonimi che alcuni nickname non identificati hanno rivolto a una terza persona, sta facendo molto discutere. Un po’ perché la decisione del tribunale di Varese, di condannare chi non controlla i contenuti del proprio sito, è contestata da una parte degli opinion maker del web, ma anche perché la materia è di piena attualità, e per giunta soggetta a continue decisioni divergenti.
Nel microcosmo di Varese, questi problemi si sono riproposti tutti. In particolare, il tribunale negli ultimi anni ha anche preso strade diverse sulla colpevolezza dell’amministratore di una pagina internet. Il gup Giuseppe Battarino, ad esempio, ha emesso la sentenza dei giorni scorsi ritenendo responsabile dei commenti la blogger di Rovigo di 21 anni: non aveva controllato adeguatamente che all’interno del sito da lei gestito, writersdream.org , non vi fosse la diffamazione.

L’intervista alla blogger

Il 4 febbraio del 2010, invece, il gup Giuseppe Fazio assolse l’amministratore di un blog, nella fattispecie si trattava del “meet up” degli Amici di Beppe Grillo (l’embrione da cui è nato poi il Movimento 5 stelle), dal reato di diffamazione aggravata: un frequentatore del blog aveva scritto un commento nei confronti di un avvocato di Varese che, sentendosi diffamato, aveva sporto querela. Il giudice aveva rilevato nella sentenza che il commento dell’utente era effettivamente diffamatorio, ma aveva assolto il «group organizer» del blog, perché non è assimilabile al direttore di una testata giornalistica. L’assimilazione alla legge sulla stampa in realtà è stata esclusa anche dal gup Battarino. Diverge invece un’altra conclusione, che tuttavia potrebbe essere dettata dal carattere tecnologico particolare dei siti in questione. L’amministratrice del primo sito di Rovigo, per il giudice, poteva avere materialmente il controllo dei commenti e da qui emerge la sua responsabilità. Nel caso del blogger varesino del 2010, invece, il gup scrive nella sentenza che non vi è prova che i due coimputati abbiano collaborato nello scrivere il commento diffamatorio. E inoltre va rimarcato che «non vi sia alcuna prova che il group organizer del blog avesse il potere o la concreta possibilità di impedire a XX di diffondere il proprio messaggio».

Scrive il giudice: «E’ notorio, infatti, che la rete si caratterizza per l’assoluta libertà di accesso e che il controllo sul mancato rispetto da parte dell’utente del blog sulla netiquette, vale a dire delle regole di buona educazione sul web, può valore solo ex post ed estrinsecarsi solo nella espulsione dal blog». Resta il fatto che stabilire chi sia il responsabile delle contumelie via web, è un tema caldissimo, basti pensare ai casi di Enrico Mentana su twitter, la presidente della camera Laura Boldrini, oppure quello odierno di Selvaggia Lucarelli su insulti triviali e brutali. Ma il problema si pone ad esempio anche per le pagine “spotted” delle scuole, dove i commenti anonimi potrebbero degenerare e trascinare in tribunale gli amministratori delle suddette pagine.

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Pubblicato il 10 Maggio 2013
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