Dall’orto alla ex fabbrica, così si realizza il sogno degli skater cittadini

La storia di chi corre con la tavola in città ha radici molto profonde ma da qualche tempo grazie alla passione dei giovani e alla lungimiranza di una famiglia industriale è nato il primo skate park della città. “Questo è uno sport, ricordiamocelo sempre” spiegano i fondatori

«Lo skate è uno sport, rendiamocene conto». E’ da questa considerazione che Ettore Grandi parte per raccontare il progetto che da un anno a questa parte lo ha portato ad aprire un grandissimo skate park a Busto Arsizio. Tutto è cominciato da «un vero colpo di fortuna, un miracolo, quando mi sono accorto di un capannone in cui alcuni ragazzini si allenavano». Si trattava di un ex magazzino della famiglia Garavaglia che veniva utilizzato dai nipoti per praticare un po’ di questo sport. 

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Dentro il Capannone Skate 4 di 12

«Con il tempo ci siamo avvicinati a loro» e a poco a poco «i proprietari si sono fidati di noi e ci hanno permesso di iniziare a farci qualcosa». Così all’interno del "capannone skate" sono iniziati i primi, piccoli lavori nella grande struttura di via Massimo d’Azeglio. «E’ stata una colletta continua», ricorda Ettore ma euro dopo euro sono iniziate a sorgere rampe e ostacoli e oggi la struttra è diventata imponente. I primi a crederci e ad investire in questo progetto sono stati Ettore Grandi, Daniele Ventola, Stefano Rinaldi e Nicolò Pezzato mentre oggi «abbiamo raggiunto la quota di 70 tesserati che qui vengono ad allenarsi».  Un verbo -allenare- che ricorre spesso nelle parole di Ettore Grandi perchè «troppo spesso attorno a questo sport circolano leggende e falsi miti» quando invece è richiesta tanta passione e dedizione.

Ed è proprio la passione che aveva portato questi giovani, quando il comune smantellò la pista dietro al Pala Ariosto «ad allenarsi per molto tempo nella rampa che avevamo costruito all’interno dell’orto di mio nonno -ricorda Ettore- ma che adesso può fare un vero salto di qualità». Da qualche mese, infatti, il gruppo si è anche dato un nome -"la mini nell’orto", giusto per ricordare quegli anni- e una registrazione ufficiale che permetterà loro di entrare nel più grande circuito di skate park in Italia. Dopo pedane e piste, il prossimo investimento dei giovani riguarderà operazioni infrastrutturali per rimettere in sesto la struttura «perchè quando oggi piove un po’ troppo siamo costretti a chiudere». Tutti interventi che vengono autofinanziati dagli stessi ragazzi «nascendo dal basso e senza un soldo da parte delle istituzioni». «Qui noi facciamo sport, nient’altro», chiosa Ettore. E questo «la famiglia Garavaglia lo ha capito, quindi non possiamo che esser loro eternamente grati». I ragazzi del Capannone, nei giorni scorsi, hanno anche avanzato la proposta di creare uno skate park all’interno del palazzetto in fase di costruzione a Beata Giuliana, nato come Palaghiaccio e che ora tanti vorrebbero trasformare in qualcos’altro. A lanciare la proposta Alberto Grandi, padre di Ettore ed ex-consigliere comunale del Pd a Busto.

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Pubblicato il 05 Dicembre 2013
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