Cina: l’export di Varese cresce del 16,3%

Nell’industria del Varesotto si concentra l’11% delle esportazioni lombarde destinate al Paese dell’Estremo Oriente. In testa i settori dei macchinari, dei mezzi di trasporto e della moda

Per l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese la missione in Cina non è ancora finita. Dopo la trasferta in Estremo Oriente che nell’ottobre scorso ha coinvolto 20 aziende del territorio e una delegazione di 40 persone, sono continuati e continuano gli incontri del ciclo “Sulle Orme del Dragone”.Obiettivo: accompagnare le imprese in percorsi di crescita sul mercato cinese, dando tutte le informazioni e le consulenze necessarie. Come sul fronte della “Contrattualistica commerciale e tutela della proprietà intellettuale nei rapporti con operatori cinesi”, argomento dell’ultimo appuntamento messo in agenda e che si è tenuto questa mattina nella Sede di Gallarate dell’Unione Industriali. Trenta le aziende presenti attratte dalla necessità, “imprescindibile”, come la definisce il Coordinatore delle Aree Economiche dell’Unione Industriali, Marco De Battista, di «tutelare la proprietà intellettuale ed il know how aziendali, i marchi, i loghi, asset fondamentali e strategici per stabilire rapporti commerciali sicuri». Un fronte, invece, troppo spesso sottovalutato dalle imprese italiane. I marchi fino ad oggi registrati dalle aziende del nostro Paese in Cina sono 6.788. Cifra inferiore a quelle che fanno capo ad altri nostri competitor europei come la Germania (11.541) o la Francia (9.096). 
«La disparità del dato – afferma Marco De Battista – ben testimonia quanto il design e l’inventiva italiani siano elementi di competitività che devono essere meglio tutelati al fine di poter operare con maggiore sicurezza nei Paesi stranieri e nei mercati ad elevato potenziale». Quale è anche per l’economia varesina quello cinese. L’export delle imprese del Varesotto con destinazione Pechino è in continuo aumento. Nei primi 9 mesi del 2013 (ultimo dato Istat disponibile) le esportazioni varesine nel Paese sono ammontate a 253,9 milioni di euro, l’11% dei 2,2 miliardi che rappresentano il totale lombardo. Il trend è di quelli importanti: +16,3% la crescita varesina rispetto allo stesso periodo del 2012, contro il +5,7% lombardo e il +10,5% nazionale (in allegato le tabelle complete). 
A livello di singoli settori la fetta più importante delle esportazioni varesine in Cina fa capo ai macchinari e apparecchi meccanici (125,8 milioni di euro), seguono i mezzi di trasporto (62 milioni), il tessile-abbigliamento (22 milioni), i prodotti chimici (11 milioni), i computer e gli apparecchi elettronici (10,3 milioni), gli articoli in gomma e materie plastiche (9,5 milioni). 
Performance da difendere anche con l’aiuto concreto che può dare alle imprese varesine il Centro di Innovazione e Brevetti della LIUC – Università Cattaneo, rappresentato all’evento da Diana Rovati: «Partendo dallo studio della tecnologia, mediante l’utilizzo di strumenti ingegneristici, siamo in grado di supportare le aziende nelle scelte strategiche di accesso ai mercati esteri, individuando quelli più promettenti». Come la Cina. L’analisi, prima dello sbarco. Concetto ribadito da Marco Carone dello Studio Legale Carone & Partners di Milano: «Approfondire in anticipo le caratteristiche di ricettività dei mercati target può consentire di operare con  migliori prospettive di successo e con un utilizzo più efficiente delle risorse». 
Ma non basta, come sottolineato da Vincenzo Cutugno dello Studio Legale Carone & Partners di Milano «Solo un adeguato sistema che tutela i diritti di proprietà intellettuale consente alle imprese di ammortizzare gli investimenti effettuati nel campo della ricerca e dello sviluppo. In mancanza, le imprese non hanno certezze sul ritorno economico dei propri investimenti che rischiano di essere ridotti o annullati». Ma è possibile tutelarsi anche in Cina? «La Cina ha implementato numerose riforme, come la recente Trademark Law che entrerà in vigore il 1° maggio 2014, attraverso le quali ora dispone di un quadro normativo adeguato». 
Lo dimostra l’esempio concreto di un’azienda italiana di elettrosanitari che ha scoperto, nel 2011, una società di Foshan dello stesso settore che produceva con un marchio simile al proprio. Prima l’acquisizione delle prove, poi l’azione in giudizio, infine la sentenza della Corte che pronuncia la piena responsabilità dell’impresa cinese: «Rischio confusione per i consumatori, alla luce della somiglianza dei marchi e dell’affinità merceologica». Risultato: inibizione dell’uso del marchio, della distribuzione dei prodotti e condanna al risarcimento. Il tutto grazie alla lungimiranza dell’azienda italiana che aveva proceduto alla registrazione del marchio. Registrazione, si badi bene: sia figurativa, sia denominativa, sia in lettere latine e cinesi. Morale: difendersi è possibile. 

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Pubblicato il 14 Febbraio 2014
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