Facib, continua il braccio di ferro tra sindacati e proprietà

Le associazioni sindacali replicano duramente alle critiche della proprietà chiedendo maggiore trasparenza e precisione nei confronti dei lavoratori in mobilità perchè “dobbiamo tutelare sia i lavoratori nelle aziende che quelli fuori"

In casa Facib le acque si fanno sempre più agitate dopo che la vicenda della crisi che sta attraversando la società di Solbiate Olona è approdata sui giornali. Il botta e risposta tra sindacati e azienda (che settimana scorsa ha duramente replicato alle associazioni dei lavoratori, ndr) oggi si arricchisce di un nuovo tassello con le parti sociali che tornano ad affondare sull’azienda. «La cattiva pubblicità se la stanno facendo da soli raccontando falsità e accumulando un debito verso dipendenti, fornitori, banche e agenzia delle entrate di 25 milioni di euro» spiegano Ernesto Raffaele (Cgil) e Pietro Apadula (Cisl). I due sindacalisti, con in mano il piano industriale e la domanda di concordato, replicano alle affermazioni degli avvocati di Facib sostenendo che «i soldi che la società deve a tutti i suoi dipendenti sono 181.000 euro ma loro hanno richiesto lo sblocco solo per 23.125,02» e questa decisione sarebbe stata presa solo per «equiparare il trattamento dei lavoratori a zero ore con quelli che hanno lavorato in qualche occasione».
Secondo la ricostruzione delle parti sociali non corrisponde a verità neanche il fatto che i 13 lavoratori che oggi risultano fuori dall’azienda siano quelli delle linee produttive cessate. «Ci sono alcuni lavoratori oggi a casa che lavoravano in uffici che si occupavano di tutte le linee della società» non riuscendo quindi a capire quale sia stata la discriminante nella scelta di chi mettere in mobilità. All’interno della stessa domanda di concordato, infatti, si legge che "non è possibile individuare esattamente quali saranno i dipendenti che interromperanno i rapporti di lavoro" delegando questa scelta ad un secondo momento, con un accordo con i sindacati. 
Ma è attorno alle indennità per chi è destinato ad uscire (massimo 16 persone, ma probabilmente saranno 13, ndr) che si sviluppa la battaglia. Se infatti l’azienda è pronta ad offrire 30.000 euro, la richiesta dei sindacati è decisamente superiore. «E’ scritto nel concordato -affermano i sindacalisti- quanto l’azienda ha previsto per i costi di mancato preavviso ai lavoratori e le conseguenze probabili di impugnamenti: rispettivamente 79.989 e 400.000 euro». Sulla base di queste nuove considerazioni il commento dei sindacati è che «non siamo noi a gettare fango sull’azienda e non siamo noi quelli che dovrebbero leggere meglio le carte» e annunciano di continuare nella battaglia perchè «il sindacato non si deve occupare solo di chi rimane nelle aziende ma anche chi viene fatto uscire». 

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Pubblicato il 11 Febbraio 2014
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