Frontalieri, la Regione chiede di riaprire il confronto
Mozione approvata all'unanimità da tutti i consiglieri: l'idea di vantaggi fiscali e la richiesta a Roma di poter trattare direttamente con la Svizzera e con i Cantoni
Dopo il voto di domenica scorsa che in Svizzera ha visto il popolo favorevole a porre un nuovo tetto all’immigrazione, il Consiglio Regionale della Lombardia chiede di riapire il confronto a tutto campo con la Confererazione, rendendo protagoniste anche le Regioni interessate dal frontalierato, vale a dire Lombardia e Piemonte. Lo strumento è una mozione “trasversale”, approvata da tutti i consiglieri, per tutelare i lavoratori transfrontalieri e le aziende italiane, dopo l’esito del referendum con cui la Svizzera ha deciso di porre un tetto all’immigrazione. I lavoratori lombardi interessati (che provengono principalmente dalle Province di Como, Varese e Sondrio) sono circa 60.000. Francesca Brianza (Lega Nord) illustrando il documento, ha ricordato che il Governo di Berna ha tre anni di tempo per adeguarsi all’esito di questa scelta popolare, che proprio nel Canton Ticino ha visto il 68,1 dei consensi. Il documento invita la Giunta ad attivarsi presso i Governi italiano e della Confederazione elvetica, coinvolgendo anche gli Enti locali di confine, per evitare che gli accordi bilaterali sui frontalieri divengano penalizzanti per i nostri cittadini, istituendo anche al proposito un tavolo permanente fra le istituzioni interessate. Il testo suggerisce anche che ci si attivi per attuare un sistema fiscale di compensazione per le zone di confine, una sorta di zona franca, con norme per il risparmio fiscale e la semplificazione amministrativa. La mozione chiede anche che il Governo e il Parlamento approvino una legge delega che consenta alle Regioni interessate (Lombardia e Piemonte) di trattare direttamente con il Governo Svizzero e i Cantoni su questi temi.
“I rapporti tra gli Stati e l’Unione europea riguardano diversi argomenti. E quando si chiede di modificare alcuni di questi rapporti, vengono rimessi in gioco anche gli altri. Quindi, non è possibile per la Svizzera pensare di far circolare i capitali, le imprese, l’export e d’altra parte rifiutare i lavoratori”, commenta, dopo il voto, Alessandro Alfieri, capogruppo regionale del Pd. Oltre tutto, secondo Alfieri, gli esiti della votazione elvetica “non si sentiranno fra tre anni, ma subito: in queste ore è già stato sospeso il negoziato sull’accordo per la fornitura di energia elettrica tra la Ue e la Svizzera”. Eppure, ha continuato il capogruppo Pd, “la Confederazione elvetica aveva fatto un passo avanti rispetto l’isolazionismo del passato, ma ora le lancette sono tornate indietro”. In realtà, per Alfieri “i problemi del mercato del lavoro potevano e dovevano essere risolti all’interno della Confederazione elvetica, perché nessuno obbliga le imprese svizzere ad assumere i nostri lavoratori: se lo fanno è perché li apprezzano, per le loro capacità e preparazione, ottenute qui in Italia nelle nostre scuole e università”. Anche “la scelta di alcuni imprenditori di abbassare gli stipendi, creando dumping salariale, doveva essere risolta dagli stessi svizzeri, stabilendo, ad esempio, un tetto minimo di compenso più elevato”
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