Scotch ai piedi e due colpi di pistola: la triste fine di Roberto Colombo

Gli inquirenti fanno il punto sull’omicidio del disabile di Casalzuigno trovato assassinato lo scorso 11 novembre. In carcere un vicino di casa accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere

cariola casalzuignoCariola: poche case, una decina di residenti, molto verde e tanto silenzio sulla strada che esce da Casalzuigno e va verso la montagna della Valcuvia: è qui che ha probabilmente trovato la morte Roberto Colombo, l’uomo sparito di casa e poi trovato morto l’11 novembre scorso (nella foto, la zona).
Secondo gli investigatori ad ucciderlo e a seppellirlo è stato nell’autunno scorso il conoscente Emiliano Cerutti, di 36 anni con piccoli precedenti per droga.
I particolari che hanno portato alla permanenza in carcere del Cerutti – già recluso per reati attinenti la detenzione di marijuana – sono stati ribaditi nella mattinata di oggi alla caserma del comando provinciale dell’Arma coi protagonisti di questa indagine: la procura di Varese, i carabinieri della compagnia di Luino e di Varese, oltre agli agenti della polizia locale del Verbano.
La notizia della svolta nelle indagini risale a qualche giorno fa, tuttavia alcuni particolari sono emersi dal primo colloquio ufficiale con la stampa che attiene a questo caso di omicidio.

emiliano ceruttiI FATTI – Dopo la sparizione del Colombo dalla sua abitazione (denunciata il 27 settembre 2013) nel corso delle ricerche sono stati trovati negli impenetrabili boschi di Cariola diverse piante di marijuana: i carabinieri non ci hanno messo molto a capire a chi appartenessero questi arbusti che danno fioriture da seccare e fumare: prima una denuncia, poi l’arresto del Cerutti (nella foto segnaletica qui affianco), trovato in flagranza di reato: stava coltivando droga.
In concomitanza con le ricerche, una quarantina di giorni dopo la sparizione, viene trovato il corpo del Colombo.

PIEDI LEGATI – Il cadavere dell’uomo, disabile, di 49 anni e vicino di casa del Cerutti, viene trovato dai cani molecolari a pochi giorni di distanza dal rinvenimento del suo cane, seppellito poco distante. Aveva i piedi legati con una specie di nastro adesivo. Due colpi di arma da fuoco: alla testa e al torace, sebbene il corpo sia praticamente mummificato Vengono nelle vicinanze trovati il cellulare, smembrato, e un piccone servito per seppellire l’uomo. Un particolare: l’utensile aveva del filo di ferro attorcigliato al manico. Un espediente simile adottato su altri attrezzi da giardino trovati nelle perquisizioni domiciliari nella casa di Cerutti.

MOVENTE DI DROGA – Alla base delle motivazioni dell’omicidio, come confermato anche dal procuratore capo di Varese Maurizio Grigo, vi sarebbe una questione legata agli stupefacenti: un chilo di marijuana coltivata e sparita nelle piantagioni nel cuore dei boschi. Inoltre sembra che i due si contendessero alcuni lavori di potatura e sistemazione di giardini e residenze dei villeggianti.

LA PISTOLA – L’importanza delle indagini svolte anche con metodi tradizionali, e in particolare grazie alla conoscenza del territorio della polizia locale del Verbano, ha permesso di ricostruire il probabile possesso da parte del Cerutti di un’arma semi automatica di piccolo calibro con cui il trentaseienne si faceva notare nella zona, convinto che l’arma potesse rappresentare un deterrente per evitare altri furti di droga. Forse – ma dubitare è lecito dal momento che non è stata trovata – la stessa bocca da fuoco ad aver tolto la vita al povero Colombo e al suo cane Argo.

I DUBBI SUI COMPLICI – Il colonnello Alessandro De Angelis, comandante provinciale dei carabinieri afferma in relazione a possibili complici che non sono “emersi riscontri in tal senso”. Sinché non si ricostruiranno con precisione gli ultimi attimi di vita di Roberto Colombo non sarà possibile sapere se egli sia arrivato sull’orlo del suo baratro con le proprie gambe e lì ucciso, o se i fatti siano andati diversamente. La zona, come è stato ricordato dagli inquirenti, rimane molto fitta e difficile da raggiungere, a tal punto che per arrivare con jeep e camionette si è dovuto disboscare parte dell’area vicina ad un sentiero. Le indagini, comunque – conferma il capitano di Luino Giuseppe D’Aveni – proseguono.

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Pubblicato il 19 Febbraio 2014
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