Gualco, il mago dei canestri che fece sposare il “Cumenda” e il “Comunista”

Il ricordo tracciato da Pier Fausto Vedani del general manager della Grande Ignis, autore di leggendari colpi di mercato. Come quella volta in cui convinse Borghi a ingaggiare Aza Nikolic

Nella storia della pallacanestro italiana e di quella varesina c’era già e da tempo: come dirigente eccezionale per competenza e feeling con la vittoria, come ex giocatore di buon livello, come personaggio di rara umanità, dai percorsi in ogni occasione trasparenti, ispirati e guidati dai valori che sono esclusiva dei galantuomini.
Adesso Giancarlo Gualco (foto a lato) può arricchire lo straordinario albo d’oro della sua vita di uomo di sport con il ricordo intenso, affettuoso, triste, delle migliaia di tifosi che l’hanno seguito e stimato. E che lo ringraziano ancora, come facciamo noi giornalisti varesini, in particolare Ettore, Max e io, per aver contribuito a far vivere a tutti un’epopea sportiva irripetibile. È stato il rapporto con noi giornalisti splendido, nato e costruito da tutti nel culto assoluto di un forte rispetto per se stessi, per i tifosi e i lettori. Una situazione non facilmente riscontrabile altrove, perché può accadere che ci siano dirigenti poco sensibili e perché è difficile trovare operatori dell’informazione in grado resistere alla tentazione di scippare a chiunque, quindi anche agli amici, una notizia. Noi a Varese ci siamo riusciti non tradendo mai la fiducia di nessuno: all’interno della società, della squadra e anche nell’ambiente esterno. Il che non comportava rinunce al nostro compito di informatori e critici e quindi non sono mancati scontri, dissensi e polemiche, ma a pensarci bene erano rare le occasioni di "guerra" dal momento che dovevamo seguire la più poderosa macchina da canestri, diventata pure regina d’Europa.
Subentrato a Sergio Marelli, suo compagno di squadra negli Anni ’50, "Gianca" ebbe l’incarico di ripartire da zero o quasi dopo vicende – siamo alla fine degli Anni ’60 – anche abbastanza sfortunate e che avevano visto patrton Borghi, arrabbiato nero, sbolognare la squadra al genero Adalberto Tedeschi. Il giovane neopresidente decise di affidarsi a Gualco: li accomunava il loro buon carattere, la voglia di far bene nel segno della chiarezza. In due stagioni consecutive ecco un inatteso titolo tricolore e il successo nella Coppa dei Campioni, dietro i quali c’erano le scelte di un manager che godeva di ampia autonomia e del pizzico di fortuna che bacia spesso l’audacia. Nico Messina che dalle giovanili passa alla panchina di serie A e vince il campionato, l’acquisto di giocatori come Raga e Jones, decisivi nei due grandi tornei, poi il recupero di Ossola, esule a Milano, infine l’ingaggio di Aza Nikolic (foto a lato – Archivio VareseNews), uno da Nobel degli allenatori.
Gualco parlò con lui per sei ore all’aeroporto di Belgrado e lo convinse a trasferirsi a Varese dove avrebbe costruito l’Ignis dei record. Nikolic era stato segnalato da Luigi Cicoria, ex arbitro internazionale, Gualco capì subito che sarebbe stato l’acquisto giusto. Aza aveva allenato a Padova con notevole profitto, in Jugoslavia era un mito; patron Borghi, il "cumenda", alla fine della partita con i veneti a Masnago – ero presente – incrociandolo gli diede del "comunista". Insomma non lo amava, e Borghi nemmeno avrebbe voluto il ritorno di Ossola che aveva lasciato Varese perché non gli garbava l’ambiente. Le due operazioni andarono in porto, Gualco sapeva essere convincente anche con chi era abituato ai "Signorsì".
Il caro Gianca (a lato con Bisson e Flaborea in visita a Giovanni Borghi, ricoverato – Archivio VareseNews) ha fatto una bella carriera professionale e ha avuto una splendida famiglia e pure la fortuna di vedere il figlio Maurizio giocare in serie A per meriti propri. Il destino gli ha teso agguati spietati negli anni che pensiamo destinati a declini non traumatici. La sorte si è accanita contro di lui gli ha tolto la salute, la tranquillità alle quali tutti ambiamo.
Ha sofferto, troppo.
Oggi è in una dimensione che la speranza cristiana non rende angosciante e dove sarebbe stupendo che un giorno si ritrovasse la infinita ciurma di coloro che cantavano inni alla gloria gialloblù mentre Giancarlo pensava già ai prossimi avversari da battere. Gli piaceva infatti un antico detto giapponese: «Dopo la vittoria stringi più forte le cinghie dell’armatura».

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Giancarlo Gualco, l’uomo chiave della Grande Ignis 4 di 9

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Pubblicato il 12 Marzo 2014
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