“Il Mazzu”, una vita tra pallone e massaggi
Per la nostra rubrica sul calcio dilettantistico questa settimana andiamo a bordo campo per un personaggio mitico della nostra provincia, un vero Marziano
In provincia di Varese è un’istituzione e tra le sue mani ha avuto migliaia di calciatori. Tutti lo chiamano "Il Mazzu", capace con la sua simpatia e i suoi modi affabili di strappare sempre un sorriso, ma anche un professionista serio e con una carriera da fare invidia. Marziano Mazzucchelli vive il calcio da sempre, prima da giocatore, poi da allenatore e come massaggiatore nelle tantissime squadre che si sono avvalse del suo apporto. Proprio oggi, giovedì 6 marzo, compie 70 anni e anche per questo abbiamo deciso di intervistarlo per la nostra rubrica "Figli di un gol minore": una puntata dedicata ad un vero totem del calcio minore del Varesotto.
"Mazzu", come è entrato nel mondo del calcio?
«Ho iniziato a giocare all’oratorio di Gallarate poi sono stato alla Gallaratese e alla Nervianese, dove però mi sono infortunato e ho dovuto dire addio al calcio giocato. A Nerviano ho iniziato ad allenare: prima gli allievi, poi la prima squadra e da tecnico ho seguito tantissime squadra in provincia, dal Cantello al Buguggiate, dalla Calcinatese alla Belfortese passando per San Fermo, Sant’Ambrogio, City Varese e tante altre, anche come allenatore dei portieri».
Quando ha scelto la strada del massaggiatore?
«Quando ero a Cantello un ragazzo si fece male e io mi chiesi come poterlo aiutare. Ho iniziato così a frequentare il corso all’Hotel Palace da massaggiatore, tra i relatori c’era anche il mitico professor Arcelli, e poi seguii dei corsi anche a Milano per specializzarmi. Arrivai al Varese e in biancorosso ho avuto la fortuna di conoscere grandi calciatori e grandi persone con cui ancora oggi mi sento e mi tengo in contatto».
Ci racconta qualche aneddoto vissuto al Varese?
«Ne ho molti con tanti soggetti diversi. Quando c’era Fascetti il sabato mattina mi chiedevano di fare tre giri di campo del "Franco Ossola" perché dicevano portasse fortuna. Mi ricordo i tornei di calcio a 5 al lunedì sera con Ramella, Gentile, Andena, Berton e Limido, ma anche il ritiro alla Madonna di Oropa con Calligaris, la vittoria della Coppa Italia con Mario Belluzzo. Ho vissuto da vicino l’esonero di Roselli con l’arrivo di Sannino sotto i Turri e quel giorno, con Cendaroni e Baruffato andammo al Sacro Monte. Poi ci sono i personaggi strani come Morales, che quando iniziava a piovere annullava l’allenamento per paura dei fulmini».
Chi le è rimasto più nel cuore e quali sono stati i giocatori più bravi passati "dalle sue mani"?
«Nel mio cuore sono in tanti, dai più vecchi come Salvadè, Gorini, Borghetti, Ramella (con lui nella foto a destra) e Maiolo ai più recenti come Pisano, Allievi e Amadori. I più forti di tutti, secondo me, sono stati Paolo Montesano, Tonino Criscimanni, ma anche Lele Ambrosetti, Sean Sogliano e Luca Pessotto, senza scordare Gaetano Paolillo».
E ora cosa fa?
«Dopo il fallimento del Varese nel 2004, rimasi in biancorosso ancora un po’, facendo però da tuttofare, ma poi ho perso la voglia. Collaboro con il Malnate, con Giuseppe Lazzarini, ma ho anche tanti altri impegni, come la selezione provinciale di Varese. In Valtellina alleno una squadra di preti che partecipano al campionato e poi seguo il torneo Salesiano Karol Wojtyla, che si svolge a Milano e gioca le finali allo stadio San Siro».
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