Il giramondo Stoglin vuole fermarsi a Varese
Il nuovo play biancorosso è alla quarta squadra in questa stagione. «Qui ho un'opzione per l'anno prossimo, difficile continuare a cambiare». E rivela: «Conosco Mike Green, felice di essere nel suo ex team»
Non possiamo raccontarvi fino alla partita di domenica come si muove sul campo di gioco – perché le porte di Masnago sono chiuse senza deroghe, e chissenefrega se poi la gente vuole scoprire il nuovo acquisto – ma possiamo riportare le prime opinioni in biancorosso di Terrell Stoglin. Il play dell’Arizona, sbarcato giovedì sera a Linate, ha svolto il primo allenamento con i nuovi compagni di avventura prima di mettersi a disposizione della stampa con la tuta sociale addosso.
«Sono contento di essere qui e di aver ricominciato a giocare a basket dopo otto giorni passati senza pallone. Avevo perso un pizzico di condizione ma già a fine allenamento mi sentivo meglio e prima della partita (domenica, 18,15, in casa con Caserta ndr) la mia forma crescerà ancora. Comunque non ho alcun problema fisico e sono felice di essere finalmente arrivato a Varese».
Il parquet di Masnago è il quarto calcato quest’anno dal playmaker che prima di vestire la maglia della Cimberio è passato da Cholet (Francia), Mariupol (Ucraina) e Zielona Gora (Polonia). «Per un giocatore giovane come me è ancora più difficile rispeto a un veterano abituarsi ai cambiamenti nel corso della stessa annata, perché ogni volta mi devo reinserire in un ambiente nuovo – sottolinea Stoglin – Però, nello stesso tempo, sono anche esperienze che mi fanno crescere e spero che mi aiutino nel prosieguo della mia carriera. Qui tra l’altro ho una opzione per l’anno prossimo, e questa è una cosa positiva rispetto al discorso sui continui cambiamenti».
Catapultato in Europa lo scorso anno (giocò con buone cifre tra i greci dell’Ilisiakos), Stoglin non ha tuttavia mai avuto modo di transitare per l’Italia. «Quando però ha iniziato a concretizzarsi la possibilità di venire a Varese, ho cominciato a informarmi sul club e ho potuto vedere quello che ha raggiunto la società negli anni passati, compresi i tanti titoli europei. E poi ho scoperto che qui lo scorso anno nel mio ruolo c’era Mike Green, giocatore che conosco e che mi piace molto. Non ho mai giocato con lui, però abbiamo diversi amici in comune e lo ritengo un ottimo playmaker».
Tornando al basket europeo, Stoglin spiega: «La principale differenza con il college è che qui si incontrano veterani che hanno grande conoscenza del gioco e buona stazza atletica, qualità che permettono loro di avere un certo impatto sulle partite. Io penso di essermi adattato abbastanza bene al gioco che si fa da questa parte dell’Oceano, ho cercato di rispondere alle richieste degli allenatori ma non penso comunque di snaturarmi. D’altra parte, chi mi sceglie sa che tipo di giocatore prende».
In questo senso è lo stesso americano a descriversi: «Credo che la mia qualità principale sia l’aggressività in fase offensiva; sono anche abbastanza creativo nelle mie soluzioni sia in entrata sia nel tiro da fuori. Devo invece senza dubbio migliorare l’apporto in difesa soprattutto quando è necessario pressare a tutto campo gli avversari».
Stoglin indosserà la divisa numero 12 che lo contraddistingue da tempo: «Era quella indossata da mio papà quando giocava. A Tucson era un cestista piuttosto famoso, e io ho scelto di onorare così la sua carriera». Fuori dal campo il play sostiene di essere un ragazzo normale, cui piace divertirsi con moderazione. Forse non è proprio la verità assoluta, ma qui in molti si accontenterebbero di divertirsi vedendolo giocare. Domenica, con Caserta, i primi responsi a riguardo.
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