Sicurezza sul lavoro, la fonderia Bossi era una trappola
Le uscite di sicurezza bloccate o chiuse a chiave, mancanza di dispositivi antincendio e altre violazioni disegnano un quadro allarmante della situazione nel capannone sequestrato dopo il ferimento di un lavoratore
Se fosse scoppiato un incendio all’interno della fonderia Bossi di Gallarate come avrebbero fatto i lavoratori ad uscire dal capannone? Questa è una delle tante domande che sorgono spontanee dopo aver visionato il materiale fotografico diffuso dal Nucleo Ispettorato del Lavoro nella conferenza stampa di questa mattina dove sono stati presentati i risultati del sequestro effettuato ai danni dell’azienda gallaratese al centro della cronaca dopo l’incidente occorso ad un operaio che lavorava nei pressi della colata di materiale fuso. L’uomo ha riportato gravissime ustioni ed è tutt’ora ricoverato nel reparto grandi ustionati dell’ospedale Niguarda di Milano. Le immagini raccontano di una situazione fortemente a rischio per la mancanza di dispositivi antincendio e di protezione dei lavoratori stessi, per la presenza di ostacoli davanti alle uscite di sicurezza, alcune risultate addirittura chiuse a chiave. Non è difficile immaginare che l’incidente avvenuto lo scorso 27 marzo poteva avere conseguenze ben più gravi.
I carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e l’Asl hanno apposto i sigilli al capannone lo scorso 17 aprile per quelle che sono state definite «gravi violazioni alla normativa antincendio, di igiene e di sicurezza sui luoghi di lavoro». Il sequestro è stato disposto dal sostituto procuratore bustocco Nicola Rossato in seguito alle indagini predisposte dall’aliquota ambientale della Polizia Giudiziaria.
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Gli stessi Vigili del Fuoco, subito dopo i fatti di quella notte, hanno appurato le gravi violazioni alla normativa a partire dalla mancanza del certificato antincendio degli impianti e di quello per la rilevazione del gas oltre alla mancanza di un’autorizzazione alle emissioni in atmosfera. Sempre i pompieri hanno anche evidenziato che le vie d’uscita d’emergenza erano ostruite da materiali o chiuse a chiave. Inoltre è stato evidenziato dalla Procura che i macchinari pe le lavorazioni erano privi di sistemi di sicurezza, non è stata garantita la formazione del personale utilizzato e il macchinario sul quale è avvenuto l’incidente era privo di collaudo. L’azienda – secondo la Procura – non solo non era in regola prima dell’incidente ma anche dopo il grave fatto non ha messo in atto alcuna soluzione ai problemi evidenziati e ha continuato a produrre con tutti i rischi annessi che si erano palesati già col ferimento dell’operaio.
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