Rosita Missoni: “Dedico il premio ai miei dipendenti”

La stilista durante la cerimonia a Palazzo Estense ha ricevuto dal Regiù della famiglia Bosina la Girometta d'oro, riconoscimento a personalità che si sono distinte nella loro vita

«Dedico la Girometta d’oro a Ersilia Colnaghi, una dipendente, anzi un’amica, che è rimasta con noi per 40 anni. Era il mio braccio destro, una première ammirata e rispettata. Lei sì che meriterebbe questo premio». Si commuove Rosita Missoni Jelmini. Non è facile resistere alla sfilata emotiva dei ricordi, nemmeno per una donna che porta un nome diventato un’icona della moda mondiale. In una mattina la sua memoria è costretta a ripercorrere un’intera esistenza ispirata da un amore profondo per il marito Ottavio, dalla passione per il lavoro e per la sua Sumirago, il paese in provincia di Varese dove i Missoni, oltre 60 anni fa, decisero di fondare la loro azienda di filati e moda. «Se abbiamo avuto tanto successo – continua la stilista – lo dobbiamo a questa terra, perché noi abbiamo scelto di lavorare dove avremmo voluto passare il nostro tempo libero, tra il verde e i laghi».
Nel Salone Estense di Varese, dove si tiene la cerimonia della consegna del premio, arrivano anche i fratelli di Rosita, Giampiero e Alberto, il nipote Giacomo e il figlio Luca. I Missoni , come sottolinea il prefetto Giorgio Zanzi, sono una vera famiglia, che ha incarnato i valori della tenacia, dell’impegno e della passione per il lavoro, tipici delle dinastie imprenditoriali del Varesotto, ma anche la capacità di mettersi a disposizione degli altri e dell’umiltà, non così scontati nel mondo dell’economia che conta.
A Trieste era più facile fare una barca che un golfino e i Missoni, profughi istriani, a Sumirago trovano il contesto adatto per iniziare la loro avventura imprenditoriale. A pochi chilometri c’è il distretto del tessile di Busto Arsizio, così sviluppato da meritare l’appellativo di Manchester d’Italia, c’è una filiera ben organizzata e soprattutto ci sono maestranze, per lo più donne, che conoscono bene i tessuti e sanno lavorare i filati.
Il primo prestito per tirar su la fabbrica arriva da Mediobanca, quella di Enrico Cuccia, "lo sceriffo" del capitalismo familiare italiano. La produzione decolla quasi subito, gli affari girano bene, ma Ottavio Missoni rinuncia a crescere di dimensioni, accontentandosi della pace che sprigiona da quell’oasi naturale che ogni giorno si specchia nel Monte Rosa. «Mio marito – spiega Rosita Missoni – non voleva saperne di andare per banche e fare l’imprenditore classico, credeva nella piccola azienda. Per noi Sumirago era una scelta di vita in un ambiente bellissimo e la nostra identità era più importante delle dimensioni, perché se hai una identità, sei riconosciuto ovunque tu vada».
Per un imprenditore credere nei giovani è importante. Per un imprenditore che fa della creatività il suo core business è obbligatorio. E Rosita Missoni, ricordando la sua Ersilia che a soli 14 anni arrivò in bicicletta da Cardano al Campo nel quartier generale di Sumirago per chiedere un lavoro, qualche consiglio da dare ce l’ha. «Io sono una privilegiata perché ho fatto e faccio un lavoro che è anche la mia passione- conclude la stilista – . Bisogna ricominciare ad avere speranza e fiducia nel futuro e per farlo bisogna investire di più sui giovani e soprattutto sulla loro istruzione».

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Pubblicato il 04 Maggio 2014
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