Il Monopoli è fermo agli anni ’80, i nuovi giochi vi spiegano il mondo

Secondo produttori ed esperti, in Italia prevale una concezione obsoleta del gioco in scatola. Dietro l’architettura di un gioco ci deve essere molta fantasia, logica-matematica e una buone dose di coinvolgimento emotivo

Sono venuti dall’Emilia Romagna e dalla Toscana per partecipare alla seconda edizione di "LudiVarese", manifestazione dedicata ai giochi. Non si sta parlando dei grandi classici “Monopoli” e “Risiko”, considerati dagli addetti ai lavori vecchi e superati nella concezione, e nemmeno del "virale" Candy crush (si gioca on line con lo smartphone), ma di nuove creazioni basate sulla cooperazione tra giocatori. «Quando si parla di giochi in scatola – spiega Alex della Hc Distribuzione di Piacenza- c’è ancora molta ignoranza alimentata da un marketing obsoleto. Alle famiglie che si avvicinano per chiedere informazioni noi spieghiamo che questi non sono giochi di fortuna ma di strategia. Solo quando li provano capiscono che c’è una grande differenza soprattutto qualitativa».
Quello che va per la maggiore è “7Days”, gioco ambientato nella Polonia della seconda guerra mondiale: il gioco consiste nel fermare l’avanzata delle truppe di invasione tedesche. Sarà forse un caso, ma questo gioco è molto richiesto in Germania e nel Nord Europa.
Il mercato estero è molto interessato ai giochi ideati dalle aziende italiane, come conferma Federico Dumas (foto sopra), trentaduenne di Carrara, parente alla lontana del celebre autore dei “Tre moschettieri” e titolare della Red Glove. «Esportiamo la nostra produzione in Germania, Stati Uniti e Spagna – spiega l’imprenditore – perché è molto apprezzata l’originalità dei game designer italiani. L’ideatore dei nostri giochi, Marco Valtriani, sa sempre come raggiungere il giusto equilibrio tra marketing, logica matematica e divertimento».
La Red Glove fattura circa 500 mila euro all’anno, dà da lavorare a 4 persone e fornisce catene di negozi famose come “La città del sole”, presente anche a Varese. «Il mercato è dominato da Monopoli e Risiko – continua Dumas – perché c’è una concezione del gioco in scatola ferma agli anni ‘80. Si pensa ancora che le famiglie giochino solo a Natale e per molte ore. I giochi attuali sono invece fatti per giocare tutti i giorni e sono veloci perché le persone hanno sempre meno tempo».
Dietro l’architettura di un gioco ci deve essere molta fantasia, logica-matematica e una buone dose di coinvolgimento emotivo. «Sono anche utili strumenti didattici – continua Dumas –. Ad esempio con"Super farmer" si impara facilmente a far di conto e soprattutto ci si diverte. Il mio preferito è  “Vudù” che fa il verso al rito di magia nera, costringendo i giocatori a posizioni fisiche divertentissime».

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Alberto e Stefano (foto a sinistra) sono due informatici puri e il loro gioco, il mazzo di carte binarie, lo hanno pensato e realizzato mentre studiavano al Politecnico. «Si tratta di un mazzo di 54 carte da gioco – spiegano gli ideatori – con numeri binari come indici e porte logiche come semi. Giocando si imparano i fondamenti dell’informatica e dell’elettronica». Le figure non sono quelle classiche, il re, ad esempio, è rappresentato da un computer, il joker, da un microchip. Oltre ai giochi tradizionali, con queste carte si possono inventare giochi nuovi come ha fatto Giacinto Biasco, professore di un istituto superiore di Busto Arsizio, che ha ideato “Briganti logici” un modo efficace per avvicinare alla programmazione informatica anche gli studenti più svogliati.

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Pubblicato il 12 Luglio 2014
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