La Lombardia frena il consumo di suolo, ma tra 30 mesi

È stata approvata nella notte la legge che introduce nuove norme per l'edilizia e l'uso dei suoli. Per opposizione e associazioni resta una "legge ammazzasuolo". Tra i punti più contestati, la moratoria per due anni e mezzo

È stata approvata (41 voti favorevoli e 27 contrari) dopo una maratona estenuante, nel cuore della notte: è la nuova Legge Regionale della Lombardia "contro il consumo di suolo", sostenuta dalla maggioranza e molto contestata dalle opposizioni in consiglio ma anche da una vasta alleanza di associazioni molto diverse tra loro, dagli agricoltori agli ambientalisti, dai geologi al Touring Club, che l’hanno definita "ammazzasuolo". La legge è passata anche con alcune modifiche, introdotte durante il dibattito.

La maggioranza di centrodestra sottolinea tra i punti favorevoli i disincentivi al consumo di suolo, gli incentivi per la rigenerazione urbana e per il recupero delle aree dismesse, i nuovi strumenti per il riallineamento delle previsioni urbanistiche locali ai reali fabbisogni. La maggioranza e Palazzo Lombardia sottolineano che già da oggi non sarà possibile autorizzare varianti su suolo agricolo, al di là della questione dei 30 mesi di fase transitoria sugli strumenti in vigore. «Siamo la prima Regione in Italia ad approvare una legge di questo tipo e a bloccare definitivamente da subito ogni possibilità di costruire su suolo agricolo» dice il sottosegretario regionale Ugo Parolo (Lega Nord).

La legge approvata si compone di 6 articoli. Nel testo viene previsto uno stop graduale al consumo di suolo per non rimettere in discussione i Pgt approvati dai Comuni, introducendo il concetto di bilancio ecologico del suolo (Bes) per stabilire la soglia di consumo zero: le opposizioni hanno molto criticato la fase transitoria di tre anni, ridotta grazie ad un emendamento a 30 mesi. Non potranno più essere autorizzate nuove varianti su terreni agricoli, anche se nel frattempo (appunto per 30 mesi) saranno salvaguardati "i progetti in essere", destinati poi a decadere con due sole deroghe ammesse: quella per l’ampliamento delle attività economiche esistenti e quella per le opere previste nell’ambito di accordi di programma di valenza regionale. I criteri per misurare il consumo del suolo saranno determinati dal Piano Territoriale Regionale (PTR) e il consumo di suolo potrà essere autorizzato solo se verrà dimostrata, nei PGT comunali, l’impossibilità tecnica ed economica a riqualificare aree già edificate (altro punto che opposizioni e associazioni considerano ambiguo). Per incentivare i Comuni alla rigenerazione urbana, la legge punta alla concessione di finanziamenti regionali con semplificazione procedurale, senza oneri a carico dei bilanci comunali (nella foto, cantiere di Pedemontana).

Molto critica rimane la posizione delle minoranza, Pd, Sel, Patto Civico e Movimento 5 Stelle: «Questa è una brutta legge, il suolo lombardo aveva bisogno di ben altro» dicono i capigruppo di Pd e Patto Civico, Enrico Brambilla e Lucia Castellano. «Abbiamo tenuto per due giorni interi la maggioranza in Consiglio cercando di ridurre il danno e in parte ci siamo riusciti. Ma questo rimane un provvedimento sbagliato che nei fatti è troppo debole sul tema della riqualificazione e rigenerazione urbana e soprattutto non ferma l’espansione continua dei centri urbani, l’erosione delle aree agricole e verdi e l’impermeabilizzazione del suolo. Cosa ancor più grave alla luce dei disastri di questi giorni provocati da anni di abuso del territorio» (nella foto, periferia di Gallarate). Il Movimento 5 Stelle, con Gianmarco Corbetta, sottolinea i miglioramenti ottenuti con gli emendamenti, in particolare lo strumento fiscale che rende più oneroso costruire su terreni vergine. Per Legambiente la legge anzichè essere un freno «rischia di essere invece uno stimolatore di appetiti per le finanze esangui di molti comuni, che confidano di tornare a far cassa sulla svendita del territorio», spiega Gabriele Petitto, dell’associazione del cigno verde. Che punta il dito anche su un altro aspetto: la norma secondo Legambiente non impedisce affatto ai comuni di confermare le precedenti previsioni di ampliamento, anche oltre la decorrenza del termine. «In Lombardia ha preso avvio la discussione nazionale sulla regolamentazione del consumo di suolo, grazie alla proposta di legge di iniziativa popolare su cui Legambiente raccolse 15.000 firme di cittadini nel lontano 2009, e al buon esempio di alcuni comuni virtuosi a partire da Cassinetta di Lugagnano – ricorda Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – ma ha perso definitivamente la possibilità di essere la seconda regione italiana, dopo la Toscana, a dotarsi di una legge contro il consumo di suolo. Quella votata ieri, senza dubbio, non lo è».

Rispetto al testo approvato in Commissione, sono state introdotte alcune modifiche significative: nel computo del “consumo di suolo” viene inclusa anche la superficie necessaria alla realizzazione delle infrastrutture; la norma transitoria che consente l’attuazione delle previsioni edificatorie già contenute nei piani di governo del territorio (PGT) viene ridotta da 36 a 30 mesi; i criteri per la definizione della soglia massima di consumo di suolo includono e dovranno tenere conto anche dell’effettivo incremento della popolazione su base Istat; il disincentivo transitorio di carattere finanziario, in vigore fino all’adeguamento dei piani di governo del territorio, prevede come onere a carico dei costruttori l’applicazione di un costo di costruzione pari al 5% dentro il tessuto urbano consolidato, mentre al di fuori del tessuto urbano consolidato la sua quantificazione viene lasciata alla discrezione dei sindaci entro un minimo del 20% e un massimo del 30%.

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Pubblicato il 20 Novembre 2014
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