Renzi fa marketing politico, ma non è un male

Giuseppe Adamoli riflette sulle analogie tra Berlusconi e il premier e traccia un confine tra ideologia e coinvolgimento dei cittadini

L’accusa più ricorrente che si rivolge a Renzi è di essere troppo simile a Berlusconi. Ne ha parlato con la solita bravura Ilvo Diamanti ieri sera a Ballarò. La vulgata più becera (non certo di Diamanti) è che siano uno la proiezione dell’altro e non merita nemmeno di essere confutata. Voglio soffermarmi solo sul fatto che sia Renzi che Berlusconi sono ritenuti quasi uguali perché amano entrambi il marketing politico. Qui va fatta chiarezza. Intanto il marketing non è affatto solo la somma di pubblicità e sondaggi (la passione di tutti i leader senza distinzione) e che era, e forse è ancora, una delle forti peculiarità del berlusconismo. L’unica differenza fra Berlusconi e tutti gli altri leader è che lui aveva con sé la potenza delle sue televisioni e del suo impero economico, il che produceva l’enorme conflitto d’interesse. Il marketing è un metodo di ricerca politica che presuppone di essere liberi da vincoli culturali troppo rigidi e quasi imbalsamati. Il buon marketing mette al centro i cittadini, cerca di capire quale “prodotto” vogliono e interagisce con loro avendo però in mente l’offerta politica di base.

Può essere destra o di sinistra (che esistono ancora, eccome). E’ di sinistra se persegue posizioni di partenza tendenzialmente uguali con una scuola efficiente; se vuol dare maggiori tutele a tutti; se protegge le fasce più deboli; se rafforza il lavoro e non la finanza. Con la crisi dei movimenti di massa, sindacati compresi, le grandi riforme le fai passare solo in questo modo conquistando sul campo l’ampio consenso dei cittadini.

Il pregio di questa cultura politica consiste nel fatto che è l’opposto dell’ideologia. Cioè di quella visione immutabile del mondo che viene sempre prima di tutto, tanto che se i cittadini non votano il tuo partito sono loro che sbagliano. E giù le sconfitte a raffica. Renzi commetterà degli errori (speriamo pochi) ma è il primo leader della sinistra veramente post ideologico e per questo vincente. Fare marketing politico è un esercizio di democrazia. Rifiutarlo è come segare il ramo sul quale si è seduti.

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Pubblicato il 12 Novembre 2014
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