Dove sono “volati” i 200 letti dell’ospedale varesino?
Pier Fausto Vedani ricorda la perdita subita dalla sanità locale nel trasloco dal vecchio al nuovo ospedale. Posti che non furono tagliati ma, si dice, vennero dirottati in altre città lombarde. Cosa c'è di vero?
Anni fa scrissi la favola di uno stormo, misterioso, maestoso e bianco, che di notte era calato silenziosamente sulla palude Brabbia. Raccontavo anche di un filo di preoccupazione degli abitanti dei centri vicini che lasciò presto spazio a una divertita curiosità quando venne accertato che non si trattava di nuovi mostri dell’aria, di improbabili bosinosauri volanti, bensì dei 200 letti che non avevano più trovato posto nella nuova sede all’ ospedale di Circolo. Era chiaramente una favola ma richiedeva risposte e infatti ci fu grande impegno da parte dei dirigenti della nostra sanità nel rassicurare tutti: in un vicino futuro la normalità sarebbe stata ripristinata, si doveva pur tenere conto della enormità delle spese nazionali per la tutela della salute pubblica. Tutela delegata nei dettagli alle regioni.
Il tempo passava, i problemi si appesantivano, magari alla velocità di uno al giorno, in un “Circolo” dove al centro dell’attenzione c’era sempre il Pronto Soccorso, mai stato in precedenza un collo di bottiglia per gli accessi ai reparti. I duecento posti in meno erano dimenticati, da tutti. La grande crisi nazionale incalzava.
Il vecchio ospedale fu costruito alla fine del primo decennio del ‘900 in base a lungimiranti criteri di accoglienza: già si profilavano infatti le esigenze di un territorio che si annunciava importante per densità e tipologia della popolazione; malattie e incidenti, in un ambito fortemente industrializzato da sempre presentano picchi ben diversi rispetto ad altre situazioni ambientali e territoriali.
Ai giorni nostri il Pronto Soccorso continua a essere il problema dei problemi per un ospedale comunque sottodimensionato rispetto alle esigenze della città e del territorio. Per nascondere questa realtà, vari imbonitori della politica regionale si sono alternati nel presentare soluzioni miracolose: non solo al Pronto Soccorso, ma in tutto l’ospedale a breve, anzi all’istante, le cose sarebbero migliorate. La banda d’ Affori della nostra sanità ha scomodato pure il tamburo principale per un raid, a dir poco inaccettabile, in un reparto, il Pronto Soccorso, dove hanno grande e onorata tradizione l’ impegno, il sacrificio, la dedizione da parte di tutti coloro che vi lavorano. Pur di allontanare le critiche e magari di dimostrare che non venivano adottati al meglio i nuovi canoni gestionali suggeriti si era corso il rischio di adombrare addirittura eventuali responsabilità da parte di chi era sulla plancia del Pronto Soccorso. Fantascienza della sanità amministrativa.
E mentre a Varese andava in scena una nuova rappresentazione del “Bruto” scespiriano, a Milano veniva avanti di gran passo la confezione di una nuova riforma della sanità sottoscritta peraltro da un politico che ho conosciuto come esuberante rivoluzionario quando entrambi avevamo una trentina d’anni di meno: Roberto Maroni. Da allora il nostro rapporto non è andato oltre qualche telefonata, soprattutto in tempo di auguri, ma è rimasto sempre molto buono, nel segno anzi della simpatia personale e del rispetto dei ruoli.
Ecco perché , dopo avere letto della sua attenzione ai mutamenti organizzativi previsti per il sistema sanitario lombardo, ho pensato di chiedergli aiuto per fare chiarezza sulla vera fine del grande volo bianco, con tappa alla palude Brabbia, dello squadrone dei letti del del “Circolo”. Sulla loro sorte avevo ripreso le ricerche non molto tempo fa prendendo lo spunto dalla rottamazione renziana di vecchi apparati: dove erano finiti i rottami di un ospedale nuovo?
A Palazzo Lombardia ho trovato un muro davanti al quale quello di Berlino ricordava un castello di sabbia sulle spiagge romagnole; poi ho chiesto notizie a un politico di rara integrità che la Regione ben conosce: non l’ho più visto e nemmeno sentito.
Ma ecco, inattesa, imprevedibile, occasionale, una possibile soluzione del mistero: nel corso di una conversazione con un addetto ai lavori che dava per scontata la mia conoscenza del problema ho appreso che i posti letto che mancano all’ospedale di Varese non sono mai stati tagliati, ma semplicemente dirottati altrove, sempre in Lombardia. Chissà, a Bergamo piuttosto che a Brescia, non lasciamoci mancare Milano, per carità, e magari nemmeno una delle cliniche tanto care alla galassia che tradizionalmente ha le chiavi del regno sanitario. Il dirottamento, evento sempre possibile per qualsiasi tipo di volo, nella sanità italiana è un atto in sintonia con le leggi perché Roma, dopo aver stabilito la quota dei posti letto ospedalieri che tocca a ogni regione, si disinteressa della loro destinazione in loco.
E allora Roberto Maroni per favore ci puoi aiutare a sciogliere l’enigma facendo controllare se mi è stata raccontata una non verità in assoluto o parziale; se l’eventuale taglio ai danni di Varese sia stato conseguenza di un ridimensionamento avvenuto all’origine, nella definizione ministeriale dei posti letto; se si è trattato invece di una scelta dell’assessorato regionale mai ufficializzata e comunque non a conoscenza di tutti i mass media oppure di un unico giornalista distratto, chi scrive cioè queste note.
Mi auguro che si possa fare piena luce anche partendo da un semplice “rumore” perché mai come in questo caso la trasparenza è per tutti,dalle istituzioni ai cittadini, un bene da tutelare con rigore. Ne conseguirebbe che nel caso di eventuali scelte infelici – in primo luogo quella del silenzio sulla vicenda da parte della politica- che hanno di fatto depotenziato il servizio del Circolo alla comunità la città andrebbe ascoltata e tutelata ancora di più di come è avvenuto per il centinaio di posti auto alla Prima Cappella.
Si vuole allora sapere a quale quota di posti letto siamo oggi ( 560?) quando anni fa se ne sbandieravano 750, numero che poi non fu mai tale. Posti rottamati in una nuova realtà sanitaria oppure dirottati? Fosse pure una fantasia quella che mi è stata raccontata, resta l’esigenza di chiarimenti definitivi, di spiegazioni convincenti su presente e futuro del Circolo e del sistema sanitario varesino reso esemplare dalla mano privata, azzoppato da quella pubblica, non al tempo di Roma centro assoluto di comando, ma a quello odierno, regionale e di Expo Milano 2015
Il punto della situazione lo si può fare considerandolo anche come occasione per annunci di iniziative tese a ridare HP a un ospedale che è nobile tempio di scienza e lavoro. Merita rispetto assoluto, sempre. Non trattamenti da cavia.
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