Istituzioni, sindacati ed imprenditori escono a pezzi dal sondaggio degli studenti

Quaranta universitari dell’Insubria hanno raccolto le opinioni di 600 cittadini con un questionario. E tra i mezzi di comunicazione la spuntano Tv, giornali online e social network

Politici, istituzioni, sindacati ed imprenditori ne escono a pezzi. Ma anche il cellulare non se la passa benissimo. Di cosa si tratta? Delle opinioni di oltre 600 cittadini raccolte attraverso un sondaggio realizzato da quaranta studenti del corso di studi di Comunicazione Pubblica e Istituzionale dell’Università degli Studi dell’Insubria. Un lavoro molto corposo che i ragazzi hanno strutturato attraverso un’indagine sociale, mediante un questionario.
Il risultato è un consistente numero di dati che fotografano una realtà che gli studenti non potevano intitolare meglio che "Amaro ritratto di una società allo specchio". E il perché di questa amarezza è presto detto: quasi metà del campione non avverte la vicinanza di nessuna istituzione e per il 60% nemmeno alcuna figura istituzionale a parte il sindaco che spunta un risicato 25%.  Europa, Stato e Regioni sono ai minimi storici, ovvero intorno all’8% di consenso. Sul comportamento dei parlamentari il giudizio è ancora più pesante: solo l’1% del campione sostiene la sobrietà del loro comportamento e della adeguatezza del loro ruolo in questa fase di crisi. La mano si fa più pesante quando si tratta delle loro retribuzioni: il 41% pensa che siano eccessive e nel 31% dei casi si sostiene che scambiano il parlamento per un palcoscenico.

Il campione testato attraverso il sondaggio degli studenti ha una certa consistenza se pensiamo che i sondaggi nazionali prendono in considerazione un numero interviste che parte dalle mille unità. Certo, seicento sono meno di mille, ma il lavoro degli studenti comincia ad essere sufficientemente serio da essere preso in considerazione. I suoi risultati sono stati presentati in università dagli studenti

  Federico Moretti, Francesca Bianchi, Federica 
Carlomagno guidati e coordinati dal professore Franz Foti.
Al sondaggio hanno risposte persone nella maggior parte provenienti dall’area varesotta, circa il 70%, il restate 30% da altre città lombarde: Milano – Lodi – Cremona – Monza Brianza – Como. Al campione hanno risposto: donne 55%, uomini 45%. Con età comprese tra: 18/24 anni 38%; 25/44, 32%; 45/64,26%; 65 e oltre 4%. Questa la composizione professionale e sociale: Studenti 31%; Impiegati 34%; Operai 12%; Liberi professionisti 11%; Disoccupati 8%; Pensionati 4%.

La seconda fetta del lavoro realizzato ha preso in considerazioni le opinioni che riguardano la crisi economica e sociale. Quello che ne emerge è che nel pensiero degli intervistati sia il Parlamento sia le imprese medio grandi, solo per l’1% dei cittadini interpellati, lavorano per aiutare i più deboli e per il bene comune (2%). Tutto l’agire è orientato a favorire i forti a discapito della fragilità sociale. E la scure del consenso si abbatte anche sui sindacati: non aiutano il governo a risolvere la crisi, non difendono tutti allo stesso modo, sono lontani dalle nuove generazioni e operano ancora come struttura ideologica e poco democratica.

Una parte più leggera e curiosa del lavoro realizzato è quella che si concentra su cultura e società: «qui ne viene fuori il bagaglio positivo da parte degli interpellati, spiegano i tre studenti – che concentra la sua esistenza sulla salute, gli affetti e il lavoro come elemento di sicurezza sociale. Si delinea una società che desidera un’esistenza felice nell’ordinarietà del quotidiano, che accetta un lavoro anche se poco retribuito, che respinge la guerra e il terrorismo, ama gli eroi popolari Batman e l’Uomo Ragno, preferisce il giallo e l’immaginazione a cinema e nella lettura, senza disdegnare l’impegno sociale di Primo Levi e il fantasy di J.K. Rowling con Harry Potter. Emerge un popolo normale e paziente, attento all’umanitarismo sociale di Madre Teresa di Calcutta e al pacifismo e alla centralità dei diritti civili richiamati da Nelson Mandela, M.L. King e Gandhi. Un popolo con i piedi ben piantati per terra, che non soffre l’ebbrezza del cellulare e del web».

E proprio questo dato sul cellulare sembra essere tra i più curiosi (e a ben vedere non troppo sinceri). Lo smartphone finisce in coda alle priorità di spesa degli intervistati, solo l’8% ne indica l’acquisto come prioritario, e il 71% di loro afferma a vario titolo che non ne sentirebbe la mancanza. Un bel proposito, ma faticoso da ritenere sincero.
Tra i dati importanti, evidentemente anche per il nostro giornale, troviamo invece quel che riguarda i mezzi di informazione. Tra gli intervistati primeggia come fonte di notizie la televisione con il 40%, seguita dai quotidiani online con il 21% e, non c’è da sorprendersi, i social network con il 17%. Va però fatto notare che oggi quasi tutte le forme di comunicazione integrano al proprio interno l’utilizzo dei social network stessi. Per trovare il giornale cartaceo dobbiamo così scendere dal podio dove si trova a pari merito con la radio al 10%.

Nella quarta partizione, preferenze e aspettative, dove si chiede con quali persone si preferisce relazionarsi, emergono scelte che mettono al primo posto l’intelligenza, la spiccata personalità e la dolcezza, quasi a manifestare un bisogno di ripristinare il pensiero, punto di forza della nostra cultura italiana. Nella parte invece relativa alle aspettative, circa l’evoluzione che sta attraversando la Chiesa, si pensa alla figura di Papa Francesco nella sua dimensione rivoluzionaria tesa al cambiamento e al superamento del conservatorismo di taluni prelati. Bisogno che si esprime dichiarando nel questionario il favore verso la possibilità che i preti possano sposarsi e di concedere la comunione ai divorziati. Verso le suore, circa la possibilità di sposarsi e poter diventare sacerdoti, emerge invece una netta avversione. Solo il 6% del campione lo consentirebbe». 

Franz Foti, docente dell’Insubria, coordinatore dell’indagine, ha così commentato: «Dai risultati dell’indagine sembra emergere un quadro con seri elementi di preoccupazione per la tenuta democratica del Paese. Ma accanto a questo campanello d’allarme si possono leggere risultati che segnalano ancora un forte senso di civiltà, un bisogno disperato di cambiamento  in tutti gli ambiti istituzionali e decisionali di rilievo, pur nella repulsione verso l’operato dei poteri che non contemplano i veri bisogni sociali, il bene comune. Emerge la necessità di offrire nuovi orizzonti alla società del presente e alle nuove generazioni all’insegna di un’etica trasparente e risoluta, senso della giustizia sociale e spinta solidale. Al di fuori di questi confini pressanti si ripropone la corruzione, il degrado morale e il disfacimento della nostra civiltà». 

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Pubblicato il 08 Gennaio 2015
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