La rosa di Natale

Terza puntata della rubrica naturalistica promossa e curata dal nostro lettore Teresio Colombo con lo scopo di aumentare la conoscenza delle bellezze naturali del Parco del Campo dei Fiori

Pubblichiamo la terza puntata della rubrica naturalistica promossa e curata dal nostro lettore Teresio Colombo con lo scopo di aumentare la conoscenza delle bellezze naturali del Parco del Campo dei Fiori

La rosa di natale, altrimenti detta elleboro nero, è una ranuncolacea  fra le più appariscenti della stagione invernale; nel parco è diffusa nella zona calcarea, compresa fra i 500 e gli 800 m di altezza; i  posti dove  si trova più facilmente, fra gli altri, sono: la villa Cagnola alla Rasa di Varese, il sentiero che collega la Rasa con la ex cascina Tagliata, il sentiero tagliafuoco che dalla ex cascina Ravetta porta alla Val Fredda, il sentiero che dalla ex cascina di S. Sebastiano conduce alle vallette  in cui scorrono gli affluenti del fiume Olona e in molti altri posti.

Partiamo ad esempio dalla villa Cagnola, attuale sede delle Guardie Ecologiche del Parco, normalmente aperta anche nei giorni feriali, con possibilità di parcheggio interno, e che ho controllata domenica 12 gennaio.

 Lasciata la villa sulla destra  proseguiamo su una strada, in terra battuta, sulla quale alla sinistra incontriamo un chiostro, in stile neoclassico, che segna l’inizio della strada, dedicata ai caduti della prima guerra mondiale e particolarmente al giovane figlio del Cagnola morto nel 1917. 

 Proseguendo si incontra una sbarra posta per vietare l’accesso ai mezzi di trasporto non autorizzati, aggiratala proseguiamo, le costruzioni che si vedono sul lato sinistro, in basso, sono parte degli edifici di quello che fu il Villaggio Cagnola, centro educativo creato dopo la guerra e destinato agli orfani del comune di Milano e dove, fra l’altro si introdussero attività pedagogiche di tutta novità.  Alla terza curva, sotto il lato destro della strada si scorge l’acquedotto che è  servito alla comunità del villaggio fino al 1972, poco più avanti, superati i 2 getti d’acqua risorgiva vi è la deviazione che porta al monumento ai caduti, purtroppo non dovremo percorrerla poiché ormai priva delle protezioni  verso valle. Come suggerito dai cartelli indicatori si prosegue non trascurando di osservare sulla destra piccoli massi di granito, presumibilmente traportati da un ghiacciaio e a sinistra un grosso masso calcareo di ca. 3 mq presumibilmente steccatosi dall’alto.

Essendo favoriti dalla stagione invernale possiamo notare le numerose primule, i rami del  pungitopo ancora ricchi dei frutti gli anemoni blu e rosati arrivando così, dopo un paio di tornanti, ad un sentiero in piano sulla destra e qui  incominciamo ad osservare le rose di Natale che sono almeno una decina di cespugli. Percorso il sentiero per qualche metro si intravvede una scalinata sulla sinistra che suggerisco di seguire sino al completamento del sentiero avrete così visto un quantitativo rilevante di rose di natale.

Ritornati sulla strada, che il  Cagnola  aveva fatto realizzare per poter percorrere con la propria automobile, percorsi pochi metri, si ritrova un nuovo gruppo di ellebori, il consiglio è di proseguire per il sentiero che le attraversa e ci porta nell’ultimo tratto di strada con quella che era la piazzuola di giro dell’auto. Seguendo il sentiero che parte dalla piazzuola ci si ritrova alla torretta di osservazione, evitiamo di salirci, e ammiriamo il panorama, alla panchina in cemento si può riposare un poco  non dimenticando  che oltre il pianoro lo scoscendimento è ripido e, distraendosi, ci i potrebbe fare male.

Iniziamo quindi la discesa facendo qualche variante rispetto alla salita: alla sinistra della torretta di osservazione  si imbocca una scaletta  che ci consente di raggiungere la base della torretta stessa  e proseguendo , dopo un breve tratto, raggiugiamo la strada che  percorriamo  sino alla deviazione dove abbiamo  visti i primi ellebori, percorriamo il tratto in piano fino  ad un bivio fra un sentiero che sale ed uno che scende. Imbocchiamo la parte in discesa e, percorsi una quindicina di metri incontriamo la statua in bronzo posta nel 1927 decennale della morte del figlio.

 A questo punto decidiamo di tornare verso l’ingresso, si ripercorrerà il tratto in pino fino agli ellebori,  sulla sinistra  vediamo una scala la imbocchiamo e ci riporterà, in breve  ai due getti  d’acqua visti poco dopo la partenza.  Superati i getti un’altra scalinata, tortuosa, con i gradini in parte dissestati dalle intemperie, ma comunque percorribili con attenzione, si raggiunge la sala riunioni, da dove parte l’ultima scalinata che ci riporta al punto di  partenza.

La descrizione è senza dubbio parziale e non tratta di alcune bellezze, di notevole interesse. di cui  parlerò nei prossimi articoli.  

L’elleboro nero è fiore tipico delle zone  con terreno costituito da dolomia. La corolla appariscente è costituita da sepali  posti a riparo dei petali, disposti  internamente, di colore verde-giallastro arrotolati ad imbuto e ripieni di nettare; le foglie sono composite con bordo dentellato. La corolla rimane sino alla maturazione del frutto perdendo l’iniziale bianco latteo e divenendo sempre più verde-giallastro.  L’aggettivo è riferito alla radice, particolarmente velenosa, è stata usata in come potente lassativo, secondo racconti non confermati sarebbe stato usato per combattere  le infezioni da pidocchi.

Della stesa famiglia è l’elleboro fetido, in provincia presente a Cittiglio, Laveno e Vararo con piccoli fiori verdi con bordo rosso dei petali, bella la pianta che presenta ben tre tonalità di verde. Analogamente l’elleboro verde che sarà oggetto di trattazione  fra qualche settimana.

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Pubblicato il 14 Gennaio 2015
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