Se la scuola elementare è intitolata all’”uomo nero”

A Cocquio Trevisago da anni le ex elementari e una strada del paese sono dedicate alla figura di un militare italiano responsabile di una delle più gravi stragi perpetrate dall’esercito italiano in Africa durante il periodo coloniale

elementari maletti fotoLa storia della nuova titolazione di un edificio pubblico che di fatto “sfratta” un militare a vantaggio della memoria di un missionario riporta l’attenzione su piccoli dettagli che invadono ancora oggi la sfera pubblica costituita anche da edifici che incarnano simboli e rappresentano punti di riferimento da parte delle comunità.
Accade a Orino con un centro polivalente, a Cocquio Trevisago con una scuola dedicata ad un discusso militare che nel passato partecipò, in qualità di ufficiale, ad una delle più gravi stragi perpetrate dall’esercito italiano sconosciute e venute a galla molto tempo dopo grazie alla meticolosa ricerca degli storici.
Al generale Pietro Maletti sono dedicate una via, oltre alla ex scuola elementare di Cocquio Trevisago, paese che ebbe un grande ascendente nei confronti della famiglia Maletti: la stessa figlia del militare, Ginevra, fu sindaco per due mandati nel corso degli anni ’70.
Una storia, quella del generale Maletti, che di recente è stata menzionata anche da un libro di successo scritto a quattro mani da Wu Ming1
(membro del collettivo di scrittori dalla sezione bolognese del Luther Blissett Project), e Roberto Santachiara, pubblicato in Italia da Einaudi nel 2013. Point Lenana è un romanzo avventuroso che si gioca fra la Mitteleuropa della Prima guerra mondiale e le imprese coloniali fasciste in Africa Orientale: è fra queste pagine che viene fornita una versione cruda e spietata della figura di Pietro Maletti e ricordato che ad esso è dedicata una via nel paese del Varesotto.
Secondo wikipedia il militare “dall’aprile del 1937 assunse il comando della 2ª Brigata indigeni, al comando della quale si rese responsabile della strage di civili del 21 maggio 1937 nel monastero di Dèbra Libanòs. In quell’occasione furono uccisi 297 monaci e 23 laici”.
Bene, a fronte di queste considerazioni il paese di Cocquio Trevisago ha fatto sua per due volte la figura del generale. Si legge infatti nel volume “Verso il nuovo millennio” curato da Menta e Rosmarino – “La storia dell’amministrazione comunale di Cocquio Trevisago in due volumi” a pagina 56 che il podestà Baroni, nel suo breve periodo, prende poche decisioni ma fra queste poche il 14 dicembre del 1940 intitola una via al generale Pietro Maletti “eticamente caduto in Africa alla testa dei suoi battaglioni libici. Da molti anni soggiornava con la famiglia in comune, ove godeva il rispetto e la generale estivazione…”.
La decisione di dedicare una via al generale che amava il paese arriva a cinque giorni dalla morte, in terra d’Africa, di Maletti: cadde nel campo trincerato di Alam el Nibewa, avamposto di Sidi el Barrani il 9 dicembre 1940 durante l’”operazione Compass”: era il nome in codice assegnato dai britannici alla offensiva sferrata durante la seconda guerra mondiale in Africa Settentrionale dalla Western Desert Force contro le forze italiane che erano penetrate in Egitto. Il podestà evidentemente decise di fare di necessità virtù: lo slancio emotivo del momento, la retorica fascista e coloniale, la vicinanza col paese: tutti ingredienti che, si suppone, giustificarono questa scelta.
Ma, ai tanti che passeggiano per il centro storico del paese non è sfuggita la seconda dedica: quella alle scuole elementari, proprio a poca distanza dall’attuale municipio. Qui le cronache sono meno prolisse e si riesce a risalire ad una data, il 4 novembre 1957 quando nel cuore delle celebrazioni per la vittoria della Grande guerra la sezione Combattenti di Varese elogia la scelta di donare le bandiere alle scuole, “ringraziando l’amministrazione comunale per la cessione della sede intitolata al glorioso cittadino gen. Pietro Maletti”.
elementari maletti fotoAltri tempi, altro senso della gloria: si dovette attendere l’esito di una meticolosa ricerca storica realizzata dal principale esperto di storia coloniale italiana, Angelo del Boca nel fortunato libro “Italiani Brava Gente?, per ricostruire le campagne italiane in Africa Orientale (e in altri teatri coloniali), inchiodando i responsabili a precise responsabilità politiche e militari che svelano la vera faccia dell’operato coloniale fascista prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Se, infatti, nell’archivio centrale dello Stato, a Roma, sono custoditi i telegrammi che il superiore di Maletti, il viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani, inviava all’ufficiale, che con grande zelo eseguiva gli ordini come rappresaglia ad un attentato.
Negli anni ’90 la ricerca di due storici, l’inglese Ian L. Campbell e l’etiope Degife Gabre-Tsadik portò alla luce una realtà ben diversa da quella contenuta nei dispacci ufficiali; scrive Del Boca: “il bilancio complessivo della rappresaglia contro la città conventuale di Debrà Libanòs si aggirava, secondo i due ricercatori, tra i 1423 e 2033 morti”.

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Pubblicato il 14 Gennaio 2015
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