Sposavano marocchini per soldi, 23 arresti

I carabinieri e la Procura hanno sgominato un'associazione a delinquere che trafficava hashish tra Italia e Marocco e organizzava matrimoni tra magrebini e italiane dietro pagamento. 33 i casi accertati


Si è conclusa questa mattina (lunedì) all’alba l’operazione "Wedding Planner" che ha sgominato un’organizzazione criminale tra Italia e Marocco dedita al traffico internazionale di stupefacenti (prevalentemente hashish e marijuana attraverso corrieri e ovulatori che transitavano a Malpensa, ndr) e all’organizzazione di matrimoni combinati tra marocchini e italiani, da qui il nome dell’operazione portata a termine dalla Procura di Busto Arsizio e dai Carabinieri del Nucleo Operativo Provinciale e della Compagnia di Busto Arsizio. Diversi i kg di dorga sequestrati e ben 33 i matrimoni combinati accertati mentre altri 20 sono sotto osservazione. Ventitrè le ordinanze eseguite, delle quali 18 in carcere, 94 le persone denunciate a piede libero. I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, traffico internazionale di stupefacenti e altri reati satellite.

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L’INDAGINE – Tutto è iniziato da un’operazione antidroga dei carabinieri di Busto Arsizio guidati dal capitano Antonino Spinnato che nel novembre del 2013 misero fine ad un giro di spaccio di hashish proveniente dal Maghreb e arrestarono il capo dell’organizzazione Iounes Marraki e il suo braccio destro in Italia, il 44enne di origini napoletane Giuseppe Ciancio. Proprio grazie a quei due arresti prese il via l’indagine, durata oltre un anno, che ha fatto luce sia sui legami tra i due e il Marocco per quanto riguarda il traffico di droga, sia sul vorticoso giro di matrimoni combinati che erano diventati un vero e proprio business da centinaia di migliaia di euro.
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I MATRIMONI – Iounes Marraki e i suoi tre fratelli, infatti, pensavano a tutto: due stavano in Marocco e cercavano connazionali pronti a spendere tra gli 8 e i 12 mila euro che volevano trasferirsi in Italia, gli altri due e il magnaghese Ciancio reclutavano donne della zona disposte a sposarsi per soldi, generalmente donne con problemi di droga, di soldi o  con un forte disagio sociale. Il capitano Antonino Spinnato ha spiegato come funzionava il sistema: «L’organizzazione pensava ai documenti, agli appartamenti per ottenere la residenza (disponevano di almeno cinque abitazioni, ndr), agli abiti nuziali, al servizio fotografico, al pranzo e al bouquet per fare in modo che tutto facesse pensare ad un vero matrimonio ma si occupavano anche di contattare l’avvocato che avrebbe avviato la pratica di separazione dopo 40 giorni. Il guadagno per l’organizzazione era di circa 4 mila euro mentre le spose intascavano cifre attorno ai 3500 euro. Una volta celebrate le nozze, quindi, i freschi sposi avviavano in poco tempo le pratiche per la separazione», facilitate nell’ultimo periodo dal divorzio veloce da poco approvato dal Parlamento. Ferno, Lonate Pozzolo, Busto Arsizio ma anche Vercelli e Torino i luoghi dove queste unioni venivano celebrate da funzionari comunali ignari di tutto.

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«I matrimoni – ha aggiunto il Procuratore Capo Gianluigi Fontana – erano del tutto regolari per la legge italiana e, dunque, sarebbe stato impossibile scoprirli se non si fosse proceduto per altri reati. Grazie alla volontà degli investigatori di ricostruire la rete dello spaccio è stato possibile avviare le intercettazioni che hanno svelato il giro di matrimoni combinati. Un caso che dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l’importanza delle intercettazioni». Il sostituto procuratore titolare delle indagini Francesca Parola, infine, ha aggiunto: «I personaggi che possono permettersi di pagare queste cifre hanno disponibilità economiche importanti, si tratta di persone con gravi precedenti penali che vanno dal traffico di droga all’omicidio, per loro il matrimonio è un’assicurazione contro i provvedimenti di espulsione – ha spiegato e ha aggiunto – per capire l’alto livello di criminalità del gruppo basti dire che lo step successivo per massimizzare i guadagni era quello di trovare donne ungheresi (quindi comunitarie, ndr) perchè generalmente più avvenenti e disponibili a prezzi minori». Sarà ora la Procura, probabilmente per la prima volta in Italia, a chiedere l’annullamento delle unioni alla giustizia civile.





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Pubblicato il 16 Febbraio 2015
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