Il patrimonio sparito della contessa Pullé

Gli avvocati della nobildonna avevano presentato un esposto alla Guardia di finanza contro l'avvocato radiato Pierpaolo Cassarà. Ma lui replica: "Sperperava il denaro e mi tormentava, mi appese anche polli morti davanti a casa. La denunciai"

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Sembra la trama di un romanzo, la vita della contessa Maria Luisa Cotti Pullè, 75 anni, morta suicida domenica scorsa, nella sua casa di via Sanvito. I colpi di scena, sono contenuti in un esposto presentato nel 2013 alla guardia di finanza di Saronno, in cui la nobildonna chiese che si indagasse su Pierpaolo Cassarà, l’uomo che dal 2007, e fino ad allora, aveva curato i suoi affari economici e legali.

L’esposto
Nel documento, di cui siamo venuti in possesso, si elencano conti correnti, assegni, acquisti di case, dazioni per prestazioni professionali e anche la storia della Fondazione Labus Pullè,finanziata dalla stessa contessa e presieduta da Pierpaolo Cassarà fino al 2011, quando la nobildonna fece una sorta di golpe, nominò quattro avvocati milanesi di sua fiducia e chiese alla Prefettura di Varese l’estromissione del presidente a vita, ovvero lo stesso Cassarà. Chiese, infine, che i libri antichi lasciati dal marito, andassero alla biblioteca ambrosiana di Milano.

Lui e lei
La ricostruzione della contessa (curata dagli avvocatiBuscaino, Vella e Ferraris) va considerata come una memoria di parte, a cui l’ex avvocato, radiato nel 2010 dal consiglio nazionale forense, contrappone invece una versione del tutto opposta di cui daremo conto tra poco.


La premessa: il matrimonio con il conte Pullé

La favola di questa donna, Marion per le amiche, inizia nel 2001, quando sposa il conte Nicola Fausto Maria Pullè. Prima di allora, sembra gestisse un laboratorio fotografico a Milano, ma la sua relazione con il conte, vedovo, era ormai consolidata. La nobildonna chiarisce alla guardia di finanza che quel matrimonio fu espressione soprattutto della «gratitudine dell’anziano gentiluomo per la lealtà e l’affetto» con cui Maria Luisa lo aveva gratificato negli ultimi anni. Ma qui iniziano i guai.

Come nacque il patrimonio dei 5 milioni
Il conte scoprì, nel 2003, che l’enorme patrimonio delle casate milanesi Pullè e Labus (si parla difortune eccezionali) era stato sperperato, a suo dire, da operazioni finanziare da parte dell’amministratore dei beni, che, in 40 anni, aveva di fatto depauperato la sua enorme fortuna. Nel 2007, tuttavia, il tribunale di Milano diede torto al conte, nel merito, salvo chiedere un obbligo di rendicontazione all’amministratore. Per farla breve, il conte morì, e la contessa, poco avvezza alle questioni legali, si fidò di un uomo che aveva conosciuto tempo prima, Pierpaolo Cassarà, il quale, presentandosi come avvocato, propose di accettare, invece della rendicontazione, una transazione che chiudeva la questione.  Ricevette così il versamento  di 5 milioni e 500mila euro.

Chi gestì quei soldi
I soldi finirono in conti correnti, secondo l’esposto, con firma congiunta Cotti Pullé e Cassarà. La contessa decise quindi di creare, e finanziare, la Fondazione Labus Pullè, a cui parteciparono grandi nomi, nel cda, come Gianfranco Librandi (deputato di scelta civica), o ancora presidenti onorari come Vittorio Sgarbi e il senatore Antonio Tomassini (Pdl). La gestione però fu sempre di Cassarà.


Le accuse della contessa

Nel 2010 la contessa apprese che Pierpaolo Cassarà era stato radiato dall’ordine degli avvocati, e cominciò a sospettare di lui. I sospetti divennero guerra aperta. Nel 2011 la Fondazione, a cui aveva dato 600mila euro, ebbe uno scossone. Fu chiesto al Prefetto di Varese l’allontanamento di Cassarà. Nel 2013 fu posta in liquidazione e il commissario liquidatore nominò l’avvocato Giuseppe Buscaino, di Milano, il legale che sta patrocinando la causa civile per 35mila euro nei confronti di Cassarà, a cui contesta le presunte spese non giustificate nell’ambito di quelle attività culturali.

Conti in rosso
L’unica cosa certa, finora, è che la contessa nel 2007 ricevette 5 milioni e 500mila euro, mentre nel 2013 affermò di avere in cassa solo 130mila euro. Nell’esposto si dice che 1 milione  600mila euro furono dazioni dirette a Cassarà, che 1 milione 400mila fu usato per comprare la casa di via Sanvito, ma poi si elencano tutta una serie di operazioni contestate.


Indagini
Ma che fine hanno fatto tutte queste accuse? Non si sa. Sia Cassarà che la contessa furono sentiti ma il resto è coperto da segreto. E’ invece certo, secondo fonti vicine alla Guardia di finanza, che Cassarà è stato sottoposto di recente, per un’altra vicenda, a una verifica fiscale, che si sarebbe conclusa con una segnalazione alla procura di Varese.

Cassarà rivela, la signora sperperava e mi tormentava
Tornando alla vicenda della contessa, la versione raccontata del neopresidente del Varese è molto diversa da quella della sua controparte.

«Io sono dispiaciuto di quanto accaduto alla signora Pullè – osserva – ma quelle sono tutte falsità. La verità è un’altra – continua – la signora mi aveva estromesso dalla fondazione per un dispetto. L’unica persona indagata in questa storia è lei. Aveva un procedimento per ingiuria e minacce nei miei confronti. Mi perseguitava, e mi aveva persino appeso dei polli morti davanti a casa. Si faceva portare dal tassista davanti a casa mia, mi lasciava delle polverine strane davanti alla porta e una volta mi ha preso a calci la macchina.

Per questo l’ho denunciata e il 13 settembre dovevamo comparire per il processo davanti al giudice di pace di Varese. Per capire come mai mancano tutti quei soldi bisogna anche conoscere bene lo stile di vita della Cotti Pullè. Faceva una vita molto dispendiosa. Ad esempio si faceva portare per Varese sempre in taxi, e comprava vestiti molto costosi. Io glielo dicevo che un giorno i soldi sarebbero finiti…».

Ma cosa accadde nella fondazione? «Avevamo avuto delle differenti visioni. E ognuno è andato per la sua strada. Tutto qui. Le accuse di quell’esposto sono finite in nulla altrimenti oggi saremmo a ben altro punto. Sulla causa civile che è in corso a Varese, invece, dico che si tratta di spese che ho sempre giustificato».

 

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Pubblicato il 27 Marzo 2015
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