“Uva non si svegliò più, così lo vidi morire”

Parlano i medici che lo curarono negli ultimi drammatici istanti: le sedazioni furono tre, ma i testimoni dicono che non aveva segni di percosse

Nessuno vide fratture, lividi, sangue o segni di violenze, sul corpo di Giuseppe Uva. Stiamo parlando dei medici e degli infermieri che, la mattina del 14 giugno, ricevettero alle 9 e 15, nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Varese, il 43enne, dopo che precedentemente, in pronto soccorso, la dottoressa Enrica Finazzi, tra le 6 e le 9 di mattina, aveva fatto praticare al paziente, in due tempi, una fiala di talofen, una di farganesse e una di tavor, per calmarlo. Quando arrivò in pronto soccorso, ricorda l’allora medico specializzando, Aldo Buzzi, «il dottor Fraticelli disse di praticargli una flebo di En, perchè si stava risvegliando».

Punture
Dunque i medici avevano paura che Uva potesse ancora diventare, in qualche modo, ingestibile. In due udienze drammatiche, hanno ricordato come Uva giunse in pronto soccorso molto agitato: fu legato alla barella, e gli furono somministrate due iniezioni in pronto soccorso e una terza in reparto, perchè era agitato, “rivendicativo”, “acritico”, urlante e poco sereno. Era un soggetto in tso, che aveva bevuto molto e dunque come tale andava trattato.

Ma prima era stato picchiato? Ebbene, anche il dottor Buzzi, non è stato in grado di segnalare anomalie, su ciò che era accaduto prima in caserma. E lo ha affermato riportando alla mente i suoi ricordi su quel corpo, che egli trovò senza segni di violenza e senza sangue. Inoltre, il medico ha affermato che eventuali segni di quel tipo sarebbero stati scritti in cartella clinica, cosa che non avvenne. Nella cartella, invece, i medici della psichiatria scrissero che Uva affermava di prendere dei cortisonici, per una “non meglio precisata allergia”.

La morte
Uva, insomma, tra le poche cose chiare che disse, riferì che era un soggetto allergico. «Quando entrò in reparto era ancora piuttosto agitato» ha continuato il medico rispondendo alle domande e ha poi spiegato che prescrisse un ecocardiogramma, anche se non urgente. Buzzi e l’infermiera Maria Pina Caivano furono i primi a intervenire quando, alle dieci, si accorsero che Uva stava male. Chiamarono un anestesista, il dottor Daniele Bertollo, per le manovre di rianimazione: «Con il dottor Fraticelli tentammo per più di mezzora di rianimarlo – ha spiegato Bertollo – anche intubandolo, ma il cuore non diede mai segni di ripresa». Così i dottori comunicarono alle sorelle di Giuseppe, nel frattempo già arrivate in reparto, che il loro congiunto era morto. Infine il corpo fu lavato e spostato in uno stanzino a parte, per non impressionare gli altri malati.

Il pannolone
L’udienza di oggi in corte d’assise ha tuttavia chiarito anche altri aspetti importanti.Giuseppe Uva, secondo i sanitari, aveva le mutande quando arrivò in reparto.«Quando arrivò, era vestito – ricorda l’infermiera Caivano – gli abbiamo tolto i pantaloni e le mutande. Gli fu messo poi il pannolone, non ricordo da chi, ma è una prassi che spesso accadde con i malati in psichiatria, perché è normale che abbiano delle perdite». Anche l’infermiere Giovanni Rossi ha ricordato di aver visto le mutande, mentre l’oss Roberto Puddu, ha riferito di aver lavato il corpo dopo il decesso, insieme al collega, e di avergli messo un altro pannolone. Dunque, secondo quando dicono i sanitari, non è vero che Uva giunse in ospedale senza mutande perché avrebbe subito violenze in caserma. In realtà gli indumenti intimi li aveva.

L’igiene
Puddu inoltre ha affermato che Giuseppe era moto trascurato, e che l’infermiera Caivano si dovette allontanare a causa del forte odore, dovuto forse a una certa trascuratezza. Una circostanza che contrasta con quanto affermato dal testimone Alberto Biggiogero, il quale disse che l’amico curava l’igiene tantissimo; che la sera prima si fece una doccia e si spalmò un balsamo profumato sui capelli. L’anestesista ha raccontato che Uva sembrava molto più anziano della sua età e che non aveva molta massa muscolare . Inoltre i medici hanno spiegato che le sorelle dissero di averlo perso di vista da tempo e che non avevano sue notizie. Venerdì prossimo saranno interrogati Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, e l’ispettore Talotta, il poliziotto che per primo raccolse la denuncia.

Il dossier

di
Pubblicato il 20 Marzo 2015
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.