Accusati di riciclaggio si difendono:”Pensavamo di essere agenti segreti”
La strana storia di una parrucchiera di Busto Arsizio e un ex-militare in congedo di Legnano, finiti in una maxi-inchiesta per riciclaggio nel 2013. L'avvocato Marini: "Raggirati perchè ingenui"
Cosa ci fanno una parrucchiera di Busto Arsizio e un ex-militare in congedo di Legnano tra le centinaia di pagine di intercettazioni di un’inchiesta sul riciclaggio di danaro che coinvolge personaggi del calibro di Gianni Lapis, tributarista coinvolto nel riciclaggio del tesoro dei Ciancimino e Franco De Bernardi, ex-presidente del Tar del Lazio? Sono convinti di essere al soldo dei servizi segreti per compiere una missione di rilevanza nazionale, riportare in Italia titoli finanziari emessi durante la grande crisi del ’29 dalla Federal Reserve americana.
Può sembrare assurdo ma questa è la spiegazione che i due hanno dato dopo essere finiti agli arresti domiciliari nel maggio 2013 nell’ambito di una grossa inchiesta, attualmente ancora in attesa dei rinvii a giudizio, che ha visto eseguire 33 ordinanze di custodia cautelare. I due, insieme a quasi tutti i coinvolti nella vicenda, erano stati liberati solo un mese dopo dal Tribunale del Riesame che aveva giudicato priva di motivazioni l’ordinanza del Gip.
Gli investigatori della Guardia di Finanza erano convinti che i due fossero dei riciclatori di denaro sporco. In realtà, stando alla ricostruzione del loro avvocato Massimo Marini, erano vittime di un sistema che si è preso gioco di loro.
La vicenda inizia nel 2012 quando l’ex-militare e la parrucchiera (in qualità di accompagnatrice) cominciano a frequentare mondi piuttosto distanti dal loro stile di vita. A lui piace giocare al casinò e così comincia a frequentare il giudice De Bernardi che conosce tra cene al ristorante e tavoli da gioco. Il magistrato si presenta con un biglietto da visita che riporta una sigla simile a quella del Sisde.
Franco De Bernardi, allora ancora potente presidente del Tar del Lazio, avrebbe convinto i due a recuperare questi titoli di Stato sparsi tra Milano e Lugano che in realtà sarebbero titoli filatelici, di un certo valore nel mondo degli appassionati del settore.
Tutta la vicenda si sarebbe svolta tra il detto e il non detto e con una buona dose di ingenuità da parte della coppia convintasi, ad un certo punto della storia, di essere entrata nel novero degli agenti sotto copertura dei servizi segreti italiani. A convincere ancor di più i due sarebbe stato lo stesso De Bernardi che avrebbe anche rilasciato all’anziano militare una sorta di “salvacondotto” a sua firma per evitare di essere fermato dalle forze dell’ordine.
Tutti elementi che l’avvocato Marini utilizzerà non appena il Giudice per l’udienza preliminare di Roma deciderà se rinviare a giudizio Lapis, De Bernardi e gli altri 30 indagati nella maxi-inchiesta sul riciclaggio di danaro portata a termine dalla Procura di Palermo nel maggio del 2013.
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