Alla Bandera spa le macchine si provano come un vestito

Nell'azienda di corso Sempione sarà inaugurata una nuova sala prove, oltre l'8% del fatturato investito in ricerca e sviluppo

bandera luigi spa

Sul Sempione, a Busto Arsizio, c’è un’azienda dove si possono provare e comprare impianti di estrusione di materie plastiche, con la stessa facilità con cui si va in sartoria per provare e acquistare un vestito. La differenza è che un impianto di estrusione, prodotto dalla Bandera Luigi spa, puo’ costare dai 250mila ai 5 milioni di euro. I clienti hanno così la possibilità di provare i macchinari e ottenere campionature su misura, un servizio personalizzato che ha permesso all’azienda di rimanere competitiva sul mercato nonostante la globalizzazione e la crisi.

«Lo spartiacque è stato nel 2004 – spiega Piero Bandera, amministratore delegato e seconda generazione in azienda con il fratello Franco – quando abbiamo capito che la transizione da manifatturiero a engineering era irreversibile. A quel punto è cambiato il rapporto con il cliente che non era più solo un acquirente, ma diventava un vero e proprio partner tecnologico e con i fornitori».

Se prima tutto si faceva in azienda, ora in via Sempione ci si concentra solo sul valore aggiunto del prodotto. La metamorfosi alla Bandera spa prende così due direzioni: da una parte, tra i 170 addetti cresce enormemente il numero di ingegneri e di figure con competenze specifiche rispetto agli operai generici; dall’altra, gli investimenti in ricerca e sviluppo, circa l’8% del fatturato, che ammonta a 70 milioni di euro, vengono concentrati nella sala prove, la “sartoria” dell’azienda, perché fin dai tempi del fondatore Luigi la filosofia è anticipare le tendenze del mercato.

Risale infatti al 1989, la scelta di produrre i primi macchinari per il riciclo totale del Pet (Polietilene tereftalato), una plastica usata per confezionare gli alimenti, dalle vaschette per la frutta alle bottiglie per l’acqua, ben prima che la raccolta differenziata diventasse quella religione laica oggi ampiamente praticata.

Saper leggere i bisogni ancora nascosti è una caratteristica tipica dell’imprenditore vincente, indipendentemente dalle fasi attraversate dal mercato. E così quando scoppia la crisi economica globale e i telefoni smettono di squillare anche in corso Sempione, i fratelli Bandera si guardano in faccia chiedendosi: «E adesso, che cosa si fa?». La risposta arriva da una considerazione apparentemente semplice nella sua formulazione, ma molto complicata nella sua attuazione. «Se la domanda non c’è, allora occorre stimolarla» pensano i titolari, ragionando come avrebbe fatto un ministro dell’economia di stampo keynesiano.

Ancora una volta però l’intuizione dei Bandera è quella giusta. «La riflessione è partita dal nostro portafoglio clienti – racconta Andrea Rigliano direttore commerciale dell’azienda -. Non era possibile che su oltre 15mila clienti nessuno volesse investire e così siamo andati a trovarli in giro per il mondo, proponendo le nostre macchine innovative e la nostra qualità. Insomma, per quelli che avevano una mezza intenzione di investire, la nostra proposta era credibile».

Sostituire la paura con la fiducia, valorizzare la catena di fornitura con certificazioni di qualità, ascoltare i clienti, coinvolgendoli nelle scelte, hanno permesso alla Luigi Bandera spa di non soffrire la crisi, come dimostra il fatturato che nel bel mezzo della tempesta è cresciuto del 7% . Negli ultimi anni arriva anche la decisione di ampliare e rinnovare il nuovo centro di ricerca e sviluppo nel parco secolare dell’azienda, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo 8 maggio, in concomitanza con il Plast 2015, il Salone internazionale triennale per l’industria delle materie plastiche e della gomma.

Nel frattempo alla Bandera si sta già lavorando agli estrusori per plastiche biosostenibili, di origine vegetale. «Innovare è la nostra missione – conclude l’amministratore delegato – perché migliora il processo produttivo, rende più appetibili gli impianti e permette di trovare nuove applicazioni. Il nostro è un imprinting, una tensione positiva verso il futuro».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 05 Maggio 2015
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