La storia di Ion operaio bruciato vivo raccontata da Dario Fo
Il Premio Nobel e Florina Cazacu, figlia dell'operaio rumeno bruciato vivo dal datore di lavoro, interverranno al Teatro del Popolo mercoledì 13 maggio alle 17 e 30
«Di questa infamità vergognosa noi, spettatori spesso indifferenti, siamo del tutto colpevoli». Con questa frase lapidaria il premio Nobel Dario Fo riassume il dramma umano e sociale che la storia di Ion Cazacu, operaio, bruciato vivo da un imprenditore edìle di Gallarate, a distanza di 15 anni evoca ancora nella comunità.
Mercoledì 13 maggio al teatro del Popolo di Gallarate, Dario Fo e Florina Cazacu, figlia di Ion, racconteranno la storia di questo ingegnere rumeno, che in Italia faceva l’operaio piastrellista, vittima innocente della violenza cieca del suo datore di lavoro. Un caso non isolato perché le storie di violenza e di soprusi nei confronti di lavoratori stranieri purtroppo si ripetono. Come non ricordare la vicenda dei due operai kosovari nelle Marche uccisi da un impresario locale perché, come aveva fatto Ion Cazacu, avevano chiesto il rispetto dei loro diritti di lavoratori.
Dario Fo da anni voleva raccontare questa storia che tanto aveva colpito anche Franca Rame: ora, con l’aiuto di Florina Cazacu, è riuscito a riportare alla memoria quei fatti violenti nel libro “Un uomo bruciato vivo”.
Nella giungla del mercato del lavoro, soprattutto quello edìle, laddove non ci sono regole, vince chi ha più potere. E la nostra giustizia, come dimostra Florina, non riesce sempre a imporre la verità e il diritto.
Siamo nella Lombardia dei “masson” (i muratori degli antichi Comuni), la ’ndrangheta controlla il mercato del lavoro, il diritto è sospeso. La frode contributiva e fiscale è senza controlli. Chi ha la forza di opporsi alle mafie? Se la politica è assente, la tenacia e la caparbietà di Florina servono come modello per non rinunciare ad alzare la voce e a chiedere giustizia e verità. «Non ho fatto altro che cercare di comportarmi così come mi ha sempre insegnato mio padre. Non arrendersi mai, non rimanere fermi ad assistere alle ingiustizie mentre pochi uomini spietati ci trattano da schiavi».
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