L’errore di un ragioniere bustocco fa crollare l’impero del riciclaggio

Da un bonifico di 7 milioni di euro sul suo conto è partita un'indagine della Guardia di Finanza che ha scoperchiato il sistema del barone svizzero Filippo Dollfus che avrebbe riciclato capitali per miliardi di euro

Gdf, la festa (inserita in galleria)

L’errore di un ragioniere di Busto Arsizio ha fatto crollare l’impero del riciclaggio. Il protagonista dell’indagine che ha portato in carcere il barone Filippo Dollfus, uomo della finanza internazionale di 68 anni, è partita da un bonifico avventato da 7 milioni di euro eseguito da Giulio Donghia per la ristrutturazione della lussuosissima villa ad Anacapri di Rita Rovelli, una parte del tesoro da 1000 miliardi di vecchie lire che la famiglia nascose ai tempi della causa Imi-Sir, vinta dopo aver corrotto i giudici.

Quei soldi sul conto del modesto ragioniere bustocco hanno attivato la segnalazione per operazione sospetta e da lì è partita l’indagine delle Fiamme Gialle bustocche e della procura di Milano, attraverso il sostituto procuratore Roberto Pellicano, che ha scalato il complesso sistema transnazionale con l’unico obiettivo di portare capitali ingenti fuori dall’Italia e dagli occhi del fisco.

Dopo Donghia gli inquirenti sono arrivati a Gabriele Bravi, il commercialista ottantenne di Milano per il quale lavorava Donghia arrestato nel marzo del 2013, vero gestore dei capitali occulti della famiglia Rovelli. Grazie al libro mastro sequestrato e all’approfondita analisi, gli inquirenti hanno individuato centinaia di conti correnti di facoltosi imprenditori e nobili italiani che si sono avvalsi del sistema di società schermo all’estero, situate in paradisi fiscali, per nascondere capitali ingenti di nomi come i principi Borromeo, la Pessina Costruzioni (già finita nel mirino degli inquirenti per essere vicina alla lobby delle costruzioni), Francesco Caltagirone Bellavista, Rita Rovelli e molti altri.

L’ultimo livello era Filippo Dollfus, considerato il capo di un’organizzazione che in 40 anni avrebbe riciclato e nascosto al fisco capitali per molti miliardi di euro. Anche lui doveva fare il suo passo falso per essere arrestato dai finanzieri bustocchi e galeotta fu la comunione della nipote. Il barone, infatti, si teneva a debita distanza dai confini italiani e se li attraversava lo faceva prendendo mille precauzioni.

Questi accorgimenti non sono bastati: il Dollfus, infatti, per raggiungere Milano da Lugano aveva scelto di passare dal valico di Chiavenna, non controllato nelle ore notturne, aveva spento tutti i telefoni e aveva previsto di rientrare subito dopo la cerimonia ma – sotto la residenza milanese – ha trovato gli uomini del capitano Stefania Quarta che lo hanno fermato e condotto in carcere.

Dollfus già in passato era finito al centro di inchieste come quella riguardante l’affondamento delle cosiddette navi dei veleni a largo della Somalia nel quale risultava in società con la Odm di Giorgio Comerio, noto faccendiere italiano.

 

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it

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Pubblicato il 04 Maggio 2015
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