Un varesino porta il Lugano in serie A

Francesco Russo, portiere varesino del Lugano, è venuto a trovarci in redazione e ci ha raccontato la stagione, la sua carriera, le sue passioni

Francesco Russo e la gioia del Lugano

«Non me ne rendo ancora bene conto, ma l’abbiamo fatto». È ancora raggiante Francesco Russo, 34 anni, professione portiere del Lugano Calcio, promosso 48 ore fa nella serie A svizzera dopo tredici lunghi anni di attesa, fallimenti compresi. Una stagione incredibile, partita senza luci dei riflettori puntati sui ticinesi e finita col trionfo di lunedì 25 maggio a Bienne. Francesco è venuto a trovarci in redazione, un revival per chi come noi è cresciuto insieme sui campetti polverosi dei campi di provincia, ad Azzate, tanti tanti anni fa.

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La festa del Lugano promosso in serie A 4 di 14

Come vivi questa gioia immensa?
«Non ci credo ancora, è tutto bellissimo, ma non ho messo bene a fuoco quello che è successo. Per me era l’ultimo treno buono per arrivare in serie A: non ce l’ho fatta in Italia, sono contentissimo di esserci arrivato in Svizzera. Sono il più vecchio della squadra, il collante dello spogliatoio, diciamo il capitano morale. Sento il peso della responsabilità, vivo il calcio in tutta la sua essenza, ogni minuto della giornata. La stagione è stata incredibile, siamo partiti maluccio, poi ci siamo ripresi e siamo arrivati al secondo posto. La società ha deciso tre innesti importanti, ma ci siamo allontanati dalla vetta, arrivando fino a 9 lunghezze. Wholen e Servette potevano ammazzare il campionato, ma ci siamo ripresi, abbiamo fatto quadrato e siamo risaliti prepotentemente, facendo 13 vittorie nelle ultime 15 partite e portando a casa il campionato e la promozione».

Il gruppo, a prima vista, è il vostro punto di forza. Sbaglio?
«No, è proprio così. Siamo una famiglia, senza retorica. Il gruppo storico è formato da 7 giocatori, ci vediamo anche fuori dal campo, viviamo insieme le cose belle e le cose brutte della vita. Si vede anche da fuori, penso che sia uno dei motivi che ha fatto riavvicinare il pubblico di Lugano alla squadra: siamo uniti, coesi, ci vogliamo bene e insieme vinciamo».

Come hai festeggiato?
«Ho pianto, più che gioire. A Bienne sono arrivati mia moglie e mio papà: sono loro che mi danno la forza, con le mie bambine. Penso a loro prima di giocare, a loro dedico ogni vittoria, ogni parata. Mio padre ha scritto una lettera bellissima per me, mi ha commosso. Ho dedicato questo successo ad un mio amico, Luca: eravamo amici e giocavamo insieme a Varese quando ha deciso di lasciarci. È un episodio che mi ha segnato, che mi porto dentro. Da lì sono cresciuto come persona, lui è sempre con me, mi segue da lassù».

Tu sei uno che non molla mai. Hai saltato due partite negli ultimi cinque anni, il giorno dopo la promozione sei andato a correre per mantenere la forma. È la tua filosofia di vita?
«Credo che nulla nasca per caso. Le stagioni passano, ma l’uomo rimane. Io ho sempre dato tutto, ho fatto annate importanti. Ho avuto procuratori bravi e altri meno bravi, le squadre che contano o non si sono accorte di me o non si sono volute accorgere. Ho attraversato tanti fallimenti (Lecco, Alzano, Solbiatese, Palazzolo, Lanciano), ho visto cose che a raccontarle viene da ridere per non piangere: stipendi non pagati, allenamenti saltati perchè non c’era la lavanderia, ristoranti che ci davano porzioni ridotte in ritiro perchè nessuno aveva pagato i conti e così via. Io ci ho sempre creduto e ho ricominciato ogni volta con lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo, fino a raggiungere la serie A in Svizzera, finalmente».

In squadra siete in due italiani, tu e Urbano. Tu hai scelto di fare il pendolare con Lugano, c’è un motivo?
«Abito a Villadosia, amo questi paesini e ho scelto con mia moglie di stare qui, vicino a mio padre che si può spupazzare le mie due bambine quando vuole. Ho fatto tanti anni lontano da casa, in giro per l’Italia. Non mi pesa fare il frontaliere. Con Urbano c’è un rapporto bellissimo, dentro e fuori dal campo. Le nostre famiglie si frequentano, siamo amici, abbiamo progetti insieme anche per il futuro. Per lui è stata una bella rivincita dopo la promozione sfumata quando giocava nella Pro Patria: abbiamo speso qualche lacrima insieme l’altra sera».

Il livello del calcio svizzero sta crescendo tantissimo, ma c’è ancora un po’ di diffidenza da questa parte del confine, non trovi? C’è qualche tuo compagno che può fare strada?
«Sì, si nota un po’ di ironia e diffidenza, ma credo sia un po’ superficiale. Basta guardare le squadre svizzere in Europa, i risultati delle nazionali giovanili. Ci sono strutture, soldi, ottimi giocatori, organizzazione. Tra i miei compagni credo che Malvino possa sfondare: è un difensore centrale affidabile, tranquillo, preciso, coi piedi buoni. Bottani è il pibe de oro di Lugano, ha colpi incredibili. Basic merita di provare a giocare in formazioni di livello, si parla di squadre interessate a lui, sarei felice se gli dessero un’opportunità. Poi c’è Tosetti, campione mondiale under 17 con la Svizzera. Russo? Resiste, finchè il fisico regge. Mi sento bene, quando sarà tempo di dire basta alzerò la mano. Non voglio fare l’allenatore, però. Magari il direttore sportivo, ma troppe cose nel calcio non mi piacciono».

Non hai mai giocato nel Varese da professionista. Hai qualche rimpianto?
«Rimpianti no. Sono cresciuto lì, ho avuto allenatori che mi hanno aiutato molto, Ramella, Tomasoni, Berton, Beretta. Da lì sono poi andato a Torino, un bel trampolino di lancio. Quando il Varese era in C2 ci ho pensato: mi sono detto, magari prendono qualcuno di qui per provare a risalire. Poi non se ne fece nulla e andai a Lanciano…».

La prossima sarà una stagione dura, la prima dopo tanto tempo per il Lugano in serie A. Cosa ti aspetti?
«Sarà una stagione di grande sofferenza. Ci serviranno 3/4 innesti di livello, giocatori giusti, non prime donne per non rovinare gli equilibri del gruppo. Sarà difficile anche perchè ricominciamo subito: il 16 giugno comincia il ritiro e a luglio riparte il campionato. Tempo per rilassarci non ce n’è…in vacanza ci andrò nelle vacanze di Natale, magari alle Maldive, con mia moglie: è una promessa».

Tommaso Guidotti
tommaso.guidotti@varesenews.it

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Pubblicato il 27 Maggio 2015
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