Via Francigena terza tappa: da Aulla e Avenza

Continua il viaggio del nostro direttore Marco Giovannelli: ecco il racconto della terza tappa

Via Francigena terza tappa: da Aulla e Avenza

Ci sono due immagini emblematiche della mia terza tappa lungo la via Francigena. La prima vede protagonisti Eddie lo scozzese, 67 anni, professore di storia e francese e il suo amico australiano Alasdair, 63 anni, funzionario a Hong Kong per oltre vent’anni. I due mi hanno raggiunto sull’ultimo tratto della salita per Bibola, mi hanno salutato e sono andati. Per me era impossibile tenere il loro passo. Uno è in cammino da due mesi arrivando da Canterbury e l’altro da un mese ed è stato raggiunto a Besancon. Da lì fanno coppia fissa. Sono simpaticissimi e nei momenti conviviali sono uno spasso, come usciti da un’ottima commedia inglese.
La seconda immagine mi vede protagonista insieme a Paola ed Emanuele. Entrambi bresciani, lei fa la psicoterapeuta e lui l’operaio metalmeccanico. Ci siamo ritrovati spesso lungo il sentiero e poi ricongiunti per un’ora a Sarzana. Siamo stati con i piedi a mollo nella meravigliosa fontana al centro della piazza più importante della città. Circondati da tanta bellezza abbiamo parlato di tutto. Emanuele è arrivato dopo perché si era fermato a comprare focaccia e frutta.
“Durante il cammino si torna alle origini, con il maschio che va a procacciare il cibo mentre la femmina aspetta”, dice scherzando Paola appena il suo compagno arriva e si butta anche lui con i piedi nella fontana. Abbiamo parlato del cammino, di alpinismo ricordando Bonatti e Messner e poi anche del libro “Sulla traccia di Nives” in cui Erri De Luca duetta con NIves Meroi. Con Eddie e Alasdair il cammino insieme si è interrotto oggi perché loro facevano tappa a Sarzana. Con gli altri due ragazzi invece si condividono ancora due giornate.

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È incredibile la facilità con cui si entra in relazione lungo il cammino. Le reciproche fatiche e sofferenze vengono condivise senza problemi. È vero che noi abbiamo scelto questa esperienza. Siamo in una condizione un po’ privilegiata perché se avessimo bisogno di aiuto lo troveremmo subito. Se vogliamo piantarla li e tornare a casa sarebbe un attimo. Siamo pur sempre nel nostro paese è disponiamo di tempo ed energie economiche, per quanto costi poco vivere in cammino ospiti degli ostelli.
La differenza con altri tipi di cammini è notevole. Penso alle centinaia di migliaia di migranti costretti a fuggire dal proprio paese e sottoposti a ogni tipo di violenza e soprusi pur di arrivare in Europa come fosse la terra promessa. E qui trovano invece politicanti che non sanno fare altro che dire dei no e additarli come il problema più grande per le nostre comunità. Di fronte alla paura rischiamo tutti di diventare più poveri. Tutti più cinici ed egoisti. Chi agita l’immagine delle ruspe se la prende addirittura con Papa Francesco perché troppo duro nella sua posizione con i poveri. Questo Pontefice ha ben chiaro cosa significhino le disuguaglianze e non starà zitto di fronte alla disumanità dirompente che rischia di inaridirci tutti.
Quanta distanza rispetto alle relazioni che si vivono sul cammino.

È certo che sono attimi e che forse nella quotidianità alcuni aspetti delle relazioni sarebbero diversi, ma resta singolare come questa esperienza apra all’ascolto e all’accettazione dell’altro per quello che è. In una mia pausa ho letto un post di Daria Bignardi che rimandava al suo articolo su Vanity Fair. Racconta delle lacrime di Chiara, una giovane lesbica che dopo il Family day è ancora più discriminata. È inconcepibile e fuori dalla storia veder tanta ostilità verso chi viene considerato diverso in base alle scelte sessuali. Tanto è, ma fa bene la Bignardi a raccontare e a chiedere conto al Governo su quale sia la sua posizione in materia di diritti civili. La tappa di oggi ha scatenato una marea di riflessioni che mi accompagneranno per lungo tempo.

Da Aulla ad Avenza si incontrano tante Italie diverse. Quella montanara che ancora conserva abitudini e dialetti quasi incomprensibili. A Vecchietto una signora di 86 che con un infarto e la frattura del femore ancora cammina per sentieri e mi ha raccontato che lassù una volta non c’era il bosco perché era tutto coltivato. Un giornale locale ha scritto degli abitanti di quel paese come fossero Highlanders perché una centenaria scende ad Aulla e prende il treno da sola per andare a Milano.
Appena si scollina si entra in Liguria per un piccolo pezzo di terra. Cambia molto a partire dalla vegetazione che diventa di tipica macchia mediterranea. La discesa verso Sarzana ripropone invece i problemi di tutte le periferie. Spazzatura, inquinamento e tanto, troppo cemento, con molte strutture abbandonate. Appaiono con forza gli opposti e dovremo farcene carico in modo sempre più attento. Classico e moderno, antico e contemporaneo devono trovare una sintesi che non premi la nostalgia, ma nemmeno ragionamenti basati sulla semplice parola “progresso”. È difficile, ma starà lì la nostra scommessa vinta per costruire davvero un mondo migliore.

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Pubblicato il 22 Giugno 2015
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