Il “Cristo deriso” di Seròdine, una donazione illumina la Pinacoteca Zuest

E' in corso fino al 4 ottobre la mostra che la Pinacoteca Zuest dedica al più importante pittore svizzero italiano di sempre

Arte - Mostre

E’ aperta oramai da oltre un mese, e proseguirà fino a 4 di ottobre, l’esposizione “Seròdine nel Ticino”, che la Pinacoteca Zuest di Rancate di Mendrisio, a due passi da Varese, ha dedicato all’esponente della pittura del primo Seicento Giovanni Seròdine, il quale secondo quello che fu il giudizio di uno dei più grandi storici dell’arte del Novecento, Roberto Longhi, è da considerarsi il più importante pittore svizzero italiano di sempre. In questi giorni a Rancate c’è proprio l’opportunità, per ciascun visitatore, di verificare di persona questo illustre giudizio, il quale secondo me fino ad oggi non era del tutto scontato.

L’esposizione ha preso spunto da un problema logistico, i lavori di restauro alla chiesa parrocchiale di Ascona la quale, come chiesa del villaggio di origine della famiglia, storicamente ospita tre importanti lavori del Seròdine: “L’incoronazione della Vergine” (1630), “L’arrivo nella locanda di Emmaus” e il “Cristo rimprovera i figli di Zebedeo” (1623). E’ stato disposto, in questi anni di restauri, il traferimento temporaneo di queste opere alla pinacoteca mendrisiotta, approfittando del fatto che in cima al Lago Maggiore esse non risultano di immediata fruibilità per il grande pubblico delle mostre d’arte. La Zuest è però il posto giusto anche perché qui ci sono in permanenza già diverse opere del Ticinese, come ad esempio “Il ritratto del padre” e “Il San Pietro che legge”.

Il cuore dell’esposizione, progettata dello Studio di architettura Boeri, con il coordinamento scientifico di Mariangela Agliati Ruggia e di Alessandra Brambilla, è costituito da due elementi che attirano immediatamente l’attenzione dell’osservatore, anche profano, perché di una bellezza e di uno stato di conservazione veramente distintivi rispetto al resto. Una è la tela della “Madonna con bambino e i Santi Pietro, Nolasco e Maria de Cervellòn” concessa dalla Gottfried Keller Foundation di Berna, l’ente federale fondato nel 1890 per la tutela del patrimonio di belle arti dei musei svizzeri. L’altra è il “Cristo deriso”, importantissima donazione della signora Mirella Vivante-Bernasconi, in ricordo della madre, che è un vero raggio di luce sia sulla raccolta permanente della Zuest, sia su questo autore ancora poco conosciuto, il Seròdine appunto che, pur avendo origini asconesi, non si sa con certezza se sia nato a Roma o in Ticino.

La storia di questo dipinto è interessante perché mette autonomamente in vista il prestigio e il valore della tela, originariamente detta del “Cristo Arborio”, dal nome dell’avvocato che per primo valorizzò l’opera all’interno della Collezione Grecchi Luvini di Lugano, negandolo all’acquisto da parte dell’antiquario Ugo Donati nell’agosto 1945.

La collocazione originaria, dove il dipinto fu notato, presumibilmente nei primi anni Quaranta, era la Chiesa di Sant’Antonio a Gordola, appena fuori da Locarno in direzione Bellinzona. Donati la classificò originariamente come una “ottima copia coeva” da un dipinto non ancora conosciuto di Gerrit van Honthorst, meglio noto in Italia come Gherardo delle Notti, il caravaggista olandese che occupa la sala 92 degli Uffizi ed al quale gli stessi Uffizi hanno appena finito di dedicare, nella primavera 2015, una intera mostra. Fatto sta che, non ancora era finito l’anno 1945, quando della “copia” del Cristo chiese conto la Commissione Cantonale dei Monumenti Storici ed Artistici del Ticino, la quale la inserì nei beni tutelati dallo Stato all’inizio del 1948.

L’attribuzione originaria del “Cristo” al pittore di Utrecht ci stava abbastanza agevolmente, perché il soprannome “delle Notti” deriva proprio dalla innata capacità di questo artista nel dipingere le figure “al lume di candela”, proprio come avviene nella scena dell’ “Arborio”.

Sulla attribuzione a Seròdine pesa il giudizio negativo di Roberto Longhi, sebbene abbastanza sibillino, dopo che lo ebbe visto alle Isole di Brissago il 18 agosto 1950.

Molto più lusinghieri e positivi sull’attribuzione al caravaggista italo-svizzero sono però gli autorevoli giudizi di Gianni Papi, uno dei massimi esperti viventi di Caravaggio, e del più vicino a noi Davide Dall’Ombra, professore di Storia della Critica d’Arte alla Cattolica di Milano e referente artistico del Corriere del Popolo, giustamente entusiasta del dipinto.

Assolutamente da vedere!

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Pubblicato il 17 Luglio 2015
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