L’Eco di Chernobyl, 29 anni dopo

Il fotografo Gabriele Vanetti è andato nella città russa a 29 anni dal disastro nucleare. E ha portato a casa un reportage di immagini da non dimenticare. Proprio per quello si appella a noi...

L'Eco di Chernobyl
Mi rivolgo a Varesenews perché vorrei che questo progetto non rimanga nel cassetto.
Vorrei portare a conoscenza di tutti lo stato attuale in cui versa la zona Chernobyl e le persone che ci vivono attorno.
29 anni dopo il disastro di Chernobyl ho voluto vedere con i miei occhi e con la mia macchina fotografica questi luoghi. Ho visitato per un intera settimana parte della zona di esclusione, facendo visita alle persone che sono rientrate a vivere in quel che rimane delle loro case e sentendo direttamente dalle loro voci quello che è successo nei giorni dell’incidente e guardare i loro volti ancora provati è stata un’ esperienza che che mi ha letteralmente segnato, che mi ha commosso e che non posso tenere in un cassetto!  Non devo!
Per questo chiedo a Varesenews la possibilità di raccontare questa storia, il viaggio che abbiamo fatto… al fine di cercare qualche sponsor per la mostra che rischia di rimanere nel cassetto. L’idea è quella di organizzare una serie di mostre, in vari paese della nostra provincia, coinvolgendo anche le varie associazioni presenti sul nostro territorio che ospitano periodicamente i bambini di Chernobyl. Purtroppo i costi per una mostra sono molto elevati, sopratutto la stampa delle fotografia è davvero dispendiosa, per questo vorrei cercare dei possibili sponsor che potessero contribuire, anche in parte, a tutto ciò.
L’ECO DI CHERNOBYL – IL PROGETTO

Il 26 Aprile 1986 alle ore 1.23 circa, avvenne uno dei disastri più importanti che ha colpito l’umanità da sempre.

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L’Eco di Chernobyl 4 di 6

Nel corso di un test definito “di sicurezza” ci fu un brusco e incontrollato aumento della potenza del nocciolo delreattoren. 4 della centrale: cosi da determinare lascissionedell’acquadi refrigerazione in idrogeno e ossigeno. Le elevate pressione provocò la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore. Il successivo contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente delle barre di controllo con l’aria, innescò una fortissima esplosione, che provocò lo scoperchiamento del reattore, provocando il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare.

Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente e rendendo necessari l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, toccando anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America.

La vicina città di Pripyat, a 3km dal reattore, la cui costruzione iniziò il 4 febbraio 1970 per ospitare i lavoratori e i costruttori della centrale nucleare con le loro famiglie, fu una delle zona maggiormente colpite da questa catastrofe, vi erano circa 47.000 abitanti.

Vennero tutti evacuati senza preavviso il giorno successivo all’incidente.

Nel raggio di 30km dalla centrale di Chernobyl, tutte le persone furono evacuate, l’intera zona prese il nome di “Zona di esclusione”, un territorio fantasma, vuoto…dove “nessuno” può tornare a vivere nelle proprie case, dove la natura sta inghiottendo tutto e dove ancora oggi sono presenti livelli di radioattività molto alti.

Tuttora esistente, la zona di esclusione è diventata una zona militare controllata dall’esercito ucraino.

L’accesso a queste zone è limitato e controllato costantemente dall’esercito, per potervi accedere bisogna richiedere dei particolari permessi questo perché i livelli di radiazioni in alcuni punti non sono mai scesi e mai scenderanno.

29 anni dopo ho voluto vedere con i miei occhi e con la mia macchina fotografica questi luoghi.

Ho visitato per un intera settimana parte di questa immensa zona di esclusione, facendo visita alle persone che sono rientrate a vivere in quel che rimane delle loro case.

Pur di non abbandonare la loro casa e i loro ricordi sono rientrati abusivamente nella zona e ora cercano di condurre la propria vita in questa zona spettrale e inospitale.

Sentendo direttamente dalle loro voci quello che è successo nei giorni dell’incidente e guardare i loro volti ancora provati è stata un’ esperienza che che mi ha letteralmente segnato, che mi ha commosso e che non posso tenere in un cassetto! Non devo!

Questo è un “mondo” che deve essere portato agli occhi di tutti!
Tutti devono sapere che la ferita provocata da Chernobyl è tuttora sanguinante, l’eco di Chernobyl!

di
Pubblicato il 09 Luglio 2015
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