“Tra le risorse umane in azienda e una squadra ci sono molti punti comuni”

Intervista ad Andrea Casella, cestista della Pallacanestro Varese che sta effettuando il tirocinio alle "risorse umane" della OpenjobMetis

Andrea Casella

Il mestiere di sportivo professionista, si sa, ha una durata temporale limitata. Specializzarsi al di fuori del proprio ambito quindi ha un grande valore per gli atleti, anche per quelli arrivati ai vertici nazionali della propria disciplina come Andrea Casella. Il cestista pisano nella ultima stagione ha giocato in Serie A con la maglia della Pallacanestro Varese e, anche grazie allo sponsor della società biancorossa – la Openjobmetis – sta proseguendo il percorso di studi fuori dal parquet. Ecco qual è la sua esperienza, in attesa di rimettersi le “scarpe alte” e tornare a lavorare con il pallone tra le mani.

Andrea stai frequentando il terzo anno del diploma di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche all’Università eCAMPUS di Novedrate (CO), alla fine del tuo percorso formativo sarai un giovane psicologo, cosa ti ha spinto a scegliere di effettuare il tuo tirocinio in Openjobmetis, ti piacerebbe lavorare nel settore delle Risorse Umane o ti vedi proiettato nel futuro a lavorare come psicologo sportivo al fianco di un allenatore?
«Effettuare il tirocinio formativo in Openjobmetis è per me un’opportunità incredibile e di questa possibilità ringrazio il Cav. Rasizza. Durante questo periodo formativo avrò modo di approfondire le mie conoscenze in ambito HR maturate sia sui libri, sia sul campo da basket e fare esperienza, analizzando aspetti differenti che riguardano strettamente l’attività di un’Agenzia per il Lavoro: dalla ricerca alla selezione di un candidato, alla gestione di un colloquio.
 Da quello che ho potuto constatare sino ad ora il mondo dello sport e quello dell’HR non sono mondi così differenti tra loro, ci sono degli anelli di congiunzione, degli schemi, delle dinamiche che possono essere messe in atto in entrambi gli ambiti e portare ad interessanti risultati. 
In futuro mi piacerebbe sia lavorare nel mondo HR, sia come psicologo sportivo al fianco di un allenatore, come dicevo prima, questi mondi sono entrambi affascinanti per me e ci vedo molti punti di raccordo».

Che aspettative hai in relazione a questo tirocinio? Vedi un possibile utilizzo delle competenze che stai acquisendo in ufficio anche sul campo, in qualità di giocatore?
«A dire la verità non mi sarei mai aspettato di imparare così tanto in così poco tempo e soprattutto di scoprire di avere ancora tanto da imparare… ma, per fortuna, ho ancora il tempo dalla mia per affinare le mie conoscenze.
I temi che abbiamo scelto di approfondire nel corso di questo tirocinio in un certo senso riguardano anche il mio ambito di formazione personale, la mia esperienza di giocatore e toccano aspetti reali, riscontrabili nella vita di tutti i giorni. Cercherò di portare con me tutto quello che apprenderò in questi mesi e di trasformarlo in valore aggiunto da mettere in campo sul parquet di gioco, magari proprio nei momenti più critici di un match. Questo è uno degli obiettivi che mi sono prefissato».

Trovi che ci sia un parallelismo tra Azienda e Squadra? Quali sono a tuo avviso gli anelli di congiunzione tra queste due realtà apparentemente così lontane tra loro? E ancora quali caratteristiche pensi che un leader d’azienda dovrebbe condividere con un coach?
«I parallelismi che riscontro tra questi due mondi apparentemente distanti tra loro sono numerosi, in entrambi i contesti, ad esempio, il concetto di squadra e di coesione sono fortemente sentiti e intensamente vissuti. Si ragiona e lavora nell’ottica di raggiungere obiettivi precisi e ambiziosi. 
Certo quanto più un’azienda è strutturata, quanto più è difficile riuscire a conoscere a fondo i propri collaboratori, le loro ambizioni, e trovare i giusti argomenti per stimolarli e incentivarli, ma un buon leader sa come trovare tempi, modi e le giuste parole per motivare il team di lavoro.
Credo che un leader d’azienda dovrebbe carpire da un bravo allenatore le leve giuste da mettere in atto per creare affezione, attaccamento ‘alla maglia’ come si dice in gergo sportivo. Lasciarsi sempre guidare dalla passione, trasformando un po’ il proprio lavoro in un gioco. Del resto come uno sportivo fa della propria passione un gioco, mettendo in campo professionalità, puntualità, così chi svolge un’attività di ufficio dovrebbe riuscire a trovare il lato ludico, divertente e la passione giusta per trasformare un po’ il lavoro in gioco. Con i giusti stimoli e la voglia di fare si possono raggiungere grandi risultati sia in ambito lavorativo, sia sportivo. Dall’altra parte un coach potrebbe apprendere quali sono le strategie di leadership più efficaci da adottare… in fondo una squadra è un po’ come un’azienda».

Molto in campo psicologico si apprende attraverso la pratica e l’osservazione sul campo… quali aspetti nuovi, interessanti e curiosi hai iniziato a osservare, vivere ed apprendere grazie a questo tirocinio?
«La gestione delle emozioni in ambito professionale è un aspetto che da sempre mi affascina e che grazie a questo tirocinio sto approfondendo. Sto facendo, infatti, molta attività di osservazione e analisi delle reazioni e dei comportamenti di chi seleziona personale, di chi forma, di chi invece svolge un ruolo commerciale, e di chi cerca lavoro.
Riuscire a comprendere il pensiero e la natura di ogni persona è molto affascinante, ma al contempo complesso. Come complicato è carpire il reale talento di una persona, e quali azioni mettere in atto per coltivarlo ogni giorno. 
L’esempio di Roberto Pinneri, il mio tutor – che mi dimostra ogni giorno la passione per il proprio lavoro – è per me d’esempio e d’ispirazione. In questi giorni in particolare stiamo lavorando sul concetto del ‘qui e ora’ e abbiamo visto quanto sia importante focalizzare le proprie energie su quello che si sta facendo e vivendo per riuscire a raggiungere con successo un determinato obiettivo. Nel corso di alcuni colloqui ho potuto constatare vis à vis come alcune persone mettessero in atto tale concetto e come altre, invece, fossero più tese, e distratte, concentrate sull’idea di fare buona impressione, piuttosto che di raccontarsi e presentarsi professionalmente e personalmente.
Grazie a questo tirocinio sto apprendendo molto, in particolare, sto scoprendo alcune finezze e trucchi del mestiere che non si leggono sui libri, ma solo vivendo giorno dopo giorno situazioni differenti».

Manuel Sgarella
manuel.sgarella@varesenews.it

 

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Pubblicato il 03 Luglio 2015
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