Via Francigena: da Medesano ad Alpe Bardone

La seconda tappa vede protagonisti del cammino anche i due francesi Olivier e Fleur. Con loro la fatica e l'orgoglio, ma anche le domande dei bambini

Via Francigena Marco Pinti

Da ieri pubblichiamo un nuovo diario sulla Via Francigena. Il protagonista questa volta non è il nostro direttore (qui i suoi racconti), ma Marco Pinti che ha percorso sette tappe tra l’Emilia e la Toscana partendo da Fidenza l’11 Luglio per poi arrivare fino ad Avenza.

Il suo diario è stato scritto nei giorni seguenti il suo ritorno a Varese. Marco è noto in città anche per l’impegno politico come segretario della sezione varesina della Lega Nord. 

IL DIARIO del 12 luglio

Mi sveglio prestissimo. Non voglio friggere di nuovo sull’asfalto. Breve colazione e alle sette sono già in strada. Punto su Felegara lungo la provinciale che corre parallela all’autostrada. C’è una bella ciclabile abbastanza ampia da permettermi di far passare un gruppo di ciclisti mattinieri che procede in direzione opposta.

“Attenti al pellegrino!” dice il primo e quelli che seguono come uno stormo si scansano quanto basta.
A Felegara passo il tunnel sotto l’autostrada ed entro nel parco del Taro dove mi perdo più volte fino ad un maneggio, da cui finalmente mi oriento e torno sul tracciato della Francigena fino al ponte di Fornovo che attraverso quando ormai il sole è già alto. Scendo la scaletta e stramazzo su una panchina ombreggiata da una tettoia che dimostra tutta la lungimiranza di quella amministrazione comunale. Non so chi sia il sindaco di Fornovo, ma lo voterei a occhi chiusi. Tolgo anche gli scarponi, sdraiato sulla panchina con le braccia a penzoloni, completamente sfatto, finalmente ho il coraggio di pormi la grande domanda del cammino: “Ma chi me l’ha fatto fare?”

Non ho tempo per trovare una risposta che li vedo scendere le scale a balzelli, belli freschi, un ragazzo e una ragazza francesi sulla ventina, anche loro con lo zaino sulle spalle, ma probabilmente il loro è pieno di piume. Mi tiro su sui gomiti, loro provano a parlarmi, ma sono stremato, così dopo poco se ne vanno e spariscono dietro una curva. Il confronto con la loro energia tuttavia mi ha ridestato, mi ha fatto salire uno strano sentimento di orgoglio nazionale (quale nazione non lo so, ma non mi faccio certo bagnare il naso dai francesi, proprio a Fornovo poi…) che mi fa rimettere in marcia lungo il letto prosciugato di un torrente che sbuca sulla provinciale e poi risale in salita fino al paese di Sivizzano dove mi fermo davanti ad una lapide a lato della strada. E’ la lapide di un partigiano. C’è scritto “qui cadde sotto il fuoco fascista…”. Il “qui” fa la differenza rispetto agli elenchi che leggiamo nei monumenti di città. Il “qui” permette di intuire tutta la scena, il “qui” chiama le altre domande: è stata una disperata ritirata in salita stroncata da una raffica o un’esecuzione sommaria? E’ la curiosità che salva la memoria, non la retorica che finisce sempre per sortire l’effetto contrario.

Con questi pensieri in testa raggiungo il centro del borgo dove il piccolo bar mi appare come un miraggio. Entro per mangiare un ghiacciolo. Finisco per mangiarne tre.

Sono svaccato sul tavolino fumando una sigaretta quando i francesi ricompaiono, finalmente mi trovano in condizioni decenti per fare conoscenza. Si chiamano Olivier e Fleur, sono partiti un mese prima da Besancon e sono diretti a Roma.
Decidiamo di proseguire insieme per i successivi tre chilometri fino all’Alpe Bardone dove uno del bar mi ha detto esserci una sorta di campeggio per camper con bagni ed elettricità. Come dire, la terra promessa.

Camminare in gruppo è più semplice, si prende il ritmo e si va, intanto si parla oppure si ascolta la musica, per lo più reggae, che esce dallo stereo portatile di Olivier.

Poco prima della pieve longobarda del XI secolo che segna l’arrivo a Bardone sentiamo vociare da una cascina e quando arriviamo la scena è la più tipica dell’immaginario italiano all’ estero: sotto un portico si allunga una tavolata piena di gente che ci accoglie con un brindisi ai pellegrini.

Il padrone di casa ci viene incontro e nel giro di un amen abbiamo tutti e tre in mano un bicchiere e siamo con le gambe sotto il tavolo. Olivier e Fleur sono estasiati: “questa è l’Italia!” mi dicono. Io confermo annuendo, coerentemente con quanto fatto il giorno prima con quei bambini che mi credevano un cacciatore di coccodrilli. A proposito, anche qui mi si avvicina un bambino, avrà otto anni, mi squadra e mi chiede: “ma tu…sei un cercatore di tesori?”. “ Da cosa l’hai capito?” . “Dal cappello.” Elementare Watson.

TUTTE LE TAPPE

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Pubblicato il 28 Luglio 2015
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